Paul Éluard è un surrealista atipico, che non si lascia sedurre dalle lusinghe del sogno, dell’inconscio, né dai giochi di parole. Marxista utopista può essere definito dal punto di vista politico, ma senza perpetuare l’errore di critici e intellettuali novecenteschi che, intruppati in un’ideologia irrigiditasi nel suo percorso storico, non riuscirono a leggere fino in fondo la carica rivoluzionaria della poesia eluardiana. L’ideologia non è materia di poesia, non solo perché limita l’immaginazione, ma soprattutto perché travisa la fede che il poeta deve avere innanzitutto in sé stesso e nella sua personalissima visione del mondo.
Per Éluard, il mondo può essere colto pienamente solo a partire dall’amore, dal rapporto con l’amata.
Tre donne furono amate dal poeta: Gala, Nusch, Domenique.
Lo spazio poetico dedicato all’Eros è predominante fin dai primi componimenti. I piaceri del corpo e dello spirito connessi al sentimento passionale, sono declinati in modo totalizzante, come totalizzante è l’esperienza del rapporto di coppia.
Il sanatorio, la prima guerra mondiale e il rapporto con Gala caratterizzano la prima fase della vita e della lirica eluardiana. Un amore, quello con Gala, che non corrispose al limpido e dorato sogno del giovane poeta che, in preda al dolore, per lungo tempo fuggì per mare, al punto che da molti fu creduto morto, e poi si piegò a un mènage a trois in seguito alla relazione che Gala intraprese con il pittore Salvador Dalì.
Giorni lenti, giorni di pioggia,
Giorni di specchi infranti e di aghi perduti,
Giorni di ciglia chiuse ai confini del mare,
D’ore una eguale all’altra, giorni di prigionia […]
(Capitale de la douleur, 1926)
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
Ruota un moto di danza e di dolcezza,
Nimbo del tempo, arca notturna e fida,
E se non so più tutto quello che vissi
È che non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.
(Capitale de la douleur, 1926)
Con il passare del tempo e il precipitare degli accadimenti storici, Éluard abbandona il dadaismo per il surrealismo e diviene un eroe della Resistenza.
Sono nato per conoscerti, per chiamarti libertà.
(Poésie et vérité 1942)
La sua poesia si fa più consapevole, e quell’amore tanto prezioso e che tanto ha caratterizzato la sua vita e la sua poesia, quell’amore che l’ha aiutato a innalzarsi umanamente, ad affrontare le cose del mondo con spirito saldo, diviene l’ancora cui aggrapparsi nei momenti di sconforto e disperazione collettiva che investono l’intera umanità. Incontra Nusch. La fede nell’amore è tale che il sentimento diviene concreta possibilità di palingenesi sociale. È nell’amore, infatti, che Éluard, cogliendo il seme germinale da cui emana l’ideologia comunista a lui cara, colloca la speranza rivoluzionaria di fratellanza tra gli uomini.
Non verremo alla meta ad uno ad uno
ma a due a due. Se ci conosceremo
a due a due, noi ci conosceremo
tutti, noi ci ameremo tutti e i figli
un giorno rideranno
della leggenda nera dove un uomo
lacrima in solitudine.
(Le dur désir de durer)
Dove l’amore non è solo possibilità di combattere la solitudine esistenziale alla base del dramma intimo di ciascun essere, ma di impedirne le derive autocratiche in seno alla società: contrastare l’odio e i suoi imprevedibili ed atroci effetti. L’amore può tutto. Qualsiasi miracolo è riposto nelle sue mani. L’amore è la via.
Scrive Éluard ne L’ultima notte (Poésie et vérité 1942):
Noi buttiamo nel fuoco il sacco delle tenebre
Noi spezziamo i serrami di ruggine dell’ingiustizia
Ecco uomini vengono
Che non hanno più paura di sé stessi
Perché sono sicuri d’ogni uomo
Perché il nemico dal viso d’uomo sparisce.
Dovrà però elaborare il lutto, alla morte di Nusch, un lutto vissuto come inquieto affacciarsi dell’ingiustizia nella vita e nella storia, con cui il poeta dovrà fare i conti. La lotta contro l’ingiustizia diventa allora una lotta contro la morte, per il trionfo dell’amore e della giustizia nelle quali la stessa donna amata credeva.
Scrive Andrea Zanzotto che per Éluard il fiume ardente della passione amorosa non si muta mai in cieco impeto irrazionalistico, né in pura evasione dalla storia; è, anzi, ciò che alla storia consegna più alti argomenti. E questo a prescindere dalla dialettica marxista, che viene relativizzata in virtù di un amore identificato con la giustizia.
«La poesia è per Éluard uno strumento di conoscenza vitale, uno strumento che non dovrebb’essere privilegiato ma, come il linguaggio, comune a tutti gli uomini; l’immaginario dev’essere annesso alla realtà quotidiana. La poesia non è attualmente, ma sarà, un linguaggio universale. […] La poesia lavora per portare alla luce la coscienza profonda degli uomini e quindi per ridurre le differenze che fra gli uomini esistono. […] La poesia, come l’amore, è un concreto anticipo sulla rivoluzione». (Franco Fortini)
Éluard assegna alla poesia lo stesso ruolo palingenetico assegnato all’amore.
E del resto, forse, la poesia è proprio questo: un atto d’amore rivoluzionario.
La forza assoluta della poesia purificherà gli uomini tutti, tutti gli uomini. […] Tutte le torri d’avorio saranno demolite, tutte le parole saranno sacre e l’uomo, finalmente d’accordo con la realtà, che è sua, dovrà solo chiudere gli occhi perché si schiudano le porte della meraviglia.
(L’evidenza poetica, frammenti di una conferenza pronunciata a Londra nel 1936 in occasione dell’Esposizione Surrealista).
Sono un uomo in preda agli altri, sono un uomo che vive contro la morte. Lavoro con tutto il corpo e sono una canna pensante. La mia volontà e la mia speranza han costruito un mondo eterno. Sono un uomo sulla terra, col suo sudore e il suo tormento; sono un uomo che comprende. Ho tutti i diritti, ho tutti i doveri. Eccetto quelli che fanno soffrire i miei fratelli.
(La poesia è contagiosa)
In un tempo come il nostro in cui si pubblica più poesia di quanta non se ne legga, qualche riflessione è d’obbligo: che avesse ragione Éluard?
La forza rivoluzionaria della poesia è testimoniata dalla sua ostinata e pervicace resistenza a ogni corruzione dello spirito umano perpetrata da un potere egocentrico e trasformista finalizzato unicamente alla sua conservazione, allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Con maggiore o minor grado di coscienza, siamo succubi di quel potere che esalta forme letterarie anacronistiche o intimistiche: il mercato non è saturo di poesia, ma di opere figlie dell’ideologia consumista, opere che si consumano al pari di altre merci, opere che esaltano l’ego e non insegnano, come auspicava Éluard, a riconoscere se stessi nell’altro. L’amore è scandaloso, è un azzardo, un salto nel buio: è il pane di cui si nutre la poesia.