Dante Alighieri e le fattucchiere

Finnicella fu la prima fattucchiera sul suolo italico a essere bruciata poiché sospettata di essere una strega. Correva il giorno 28 giugno 1424.
Naturalmente la location ideale per cominciare una mattanza, basata quasi esclusivamente sul pregiudizio e sulla superstizione, non poteva che essere Roma. La città eterna, sì, ma non per tutti, evidentemente, specie per coloro che erano in odore di combutta col diavolo.

La procedura di riconoscimento delle streghe verrà poi debitamente disciplinata da un saggio delirante opera di due frati domenicani, Heinrich Kramer e Jakob Sprenger dodici lustri dopo, nel 1487, col temutissimo “Martello delle streghe”, in originale latino “Malleus maleficarum”. Intanto, quella che fu il precedente romano divenne in breve prassi consolidata e tristissima su tutto il territorio.
A fare da sovrintendente agli albori della predetta mattanza troviamo la figura di San Bernardino da Siena, una furia clericale nei confronti di tutto ciò che aveva un contatto col maligno, anche se solo supposto e non provato, se non con metodi crudeli di tortura e con parametri di giudizio clamorosamente arbitrari.
Al temutissimo teologo, canonizzato nel 1450, si deve, direttamente o indirettamente, una discreta scia di sangue innocente. Ciò nonostante, a lui e alla sua memoria furono intitolate diverse chiese. Una, al di fuori delle mura del borgo antico, equamente diviso fra la Repubblica di Genova e Contea di Ventimiglia (gli avi del Corsaro Nero) si trova a Triora, località famosa nel mondo per il suo processo alle streghe.
A ridosso dei verdi monti, nell’alta valle Argentina, fra Sanremo e Taggia, nel suggestivo e sinistro borgo medievale il processo si tenne fra il 1587 e il 1589. Diverse donne vennero accusate di essere streghe e furono sottoposte al cavalletto, uno strumento di tortura che riusciva a estorcere qualsiasi nefanda confessione. Nacque così il mito del borgo delle streghe, che con Loudun e Salem concorre al triste primato della località maggiormente colpita dalla furia fanatica dell’integralismo religioso cristiano. A posteriori le disgraziate saranno poi riabilitate e la farsa processuale si tingerà, nel frattempo, di note gialle. Il motivo delle condanne ebbe una matrice prevalentemente economica, ma quale sopruso, di fatto, storicamente, non la ha?

e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.

Dante Alighieri, nel canto XX dell’Inferno, pone, nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio, gli indovini e i maghi.

Come ’l viso mi scese in lor più basso,
mirabilmente apparve esser travolto
ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso,
ché da le reni era tornato ’l volto,
e in dietro venir li convenia,
perché ’l veder dinanzi era lor tolto.

Se i calcoli degli storici e dei critici non sono campati in aria, la Commedia fu completata intorno al 1321. È vero che ebbe larga diffusione solo dalla seconda metà del XVI secolo, ma il suo testo, coi relativi contenuti, non restarono a lungo nascosti a tutti, compreso, forse, pure il santo sterminatore. A Firenze e in Toscana molti intellettuali avevano modo di cimentarsi con le terzine dantesche e con i suoi viaggi ultraterreni, a cominciare da Giovanni Boccaccio.
La cappella di Triora fu affrescata nel suo interno da padre Giovanni Canavesio fra fine del 1400 e inizio del 1500. Il bravo prete pittore di Pinerolo, autore di numerosi cicli della Passione fra Liguria e Piemonte, era solito concludere i suoi racconti illustrati, corredati da didascalie scritte che richiamano dei protofumetti, con il Giudizio Universale. Raffigurava da un lato il Paradiso, con le sue teorie di Santi, Beati e Cavalieri Crociati, e dall’altro anime dannate dilaniate da diavoli.
Era catechesi “visiva”, utilizzata dai preti nelle prediche rivolte ai fedeli analfabeti, e non è casuale che l’Inferno fosse collocato proprio intorno alla porta. Nel Medioevo erano usi ammonire così, all’uscita delle chiese, percorrendo un tragitto obbligato.
Curiosità nella curiosità, il nome Triora pare derivi dal Latino “Tria Ora”, ovvero le tre bocche di Cerbero, il cane infernale a tre teste, che si trova riprodotto a mosaico in ciottoli nella piazza principale del centro storico e che Dante, mutuandolo dal suo vate Virgilio, pone all’Inferno a smembrar golosi.

Vedesti”, disse, “quell’antica strega
che sola sovr’a noi omai si piagne;
vedesti come l’uom da lei si slega”.

Dante Alighieri aveva previsto tutto.
Chi sfida Dio con arti divinatorie non avrà altra collocazione che il luogo della dannazione eterna, ma, nel frattempo, e questo non poteva saperlo, soffrirà anche in vita. Amen.
Ah. Canavesio, dicevamo.
Fra le sue molte opere affrescate, solo in una di esse compare una categoria di dannati che altrove non si trova; chi sono?
La didascalia di origine fumettistica recita così: “fatucerie et maghi”.
Dove si trova?
A Triora, naturalmente, all’interno della cappella dedicata a San Bernardino da Siena.

Davide Barella

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