Il mio cuore di lunedì. Rileggendo la poesia di Wislawa Szymborska

Oggi mi sono conquistata la mattina, un pezzo della giornata di cui sono stata a lungo deprivata fra scuola prima, e lavoro poi, rimangiata nella consuetudine di gesti ripetitivi.
La tendenza ad arrivare tardi la mattina l’ho coltivata per anni come minimo atto di rivolta alla schiavitù di un sistema che ci incatena alla fissità. Da quando devo accompagnare mio figlio a scuola ovviamente sono cambiata.

Oggi è lunedì e sono finalmente libera e sola. Cammino nel sole prendendomi passo passo la città, il centro, così lontano dai miei soliti giri. Camminare è la mia azione preferita, insieme a guidare: mentre il corpo procede, la mente vaga; è l’azione in cui mescolo realtà e finzione, catturo i tratti di realtà più lucenti o più oscuri, fiammelle che accendono il fuoco di ricordi, personali o letterari, ed emozioni. Sono così attenta che divago. Questo mi porta a ritrovarmi in strade sbagliate, senza motivo, e mio marito sa di che cosa parlo, anche mio figlio, per la verità.
Comunque stamattina sono senza appuntamenti o cose impellenti da sbrigare e mi sento come quel giorno in cui andai alla conquista di Roma, sola, lungo la via Sacra del Foro romano a dedicare a quei resti tutto il tempo che meritavano, per provare sui miei piedi quei ciottoli dove oltre 2000 anni prima altre persone avevano camminato.

Tornando a noi, mentre respiro aria azzurra nella mia bella città, ecco che mi torna alla mente il sentimento di una poesia (non la poesia a memoria perché in quella cosa lì, sono proprio scarsa):

Disattenzione

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.

Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.

Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.

Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.

Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
(e qui un paragone che mi è mancato).

Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.

Su un tavolo più giovane da una mano d’un giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.

Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.

La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.

È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.

Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.

Beh, chi poco poco frequenta la poesia ha già capito di chi sto parlando, ma chi non ha capito mi segua e scoprirà una miniera di versi “inutili”, nel senso più nobile e montaliano del termine.
Oggi, il mio cuore è allegro e questa poetessa mi ha sempre fatto cantare il cuore.

Al mio cuore, di domenica

Ti ringrazio, cuore mio:
non ciondoli, ti dai da fare
senza lusinghe, senza premio,
per innata diligenza.

Hai settanta meriti al minuto.
Ogni tua sistole
è come spingere una barca
in mare aperto
per un viaggio intorno al mondo.

Ti ringrazio, cuore mio:
volta per volta
mi estrai dal tutto,
separata anche nel sonno.

Badi che sognando non trapassi in quel volo,
nel volo
per cui non occorrono le ali.

Ti ringrazio, cuore mio:
mi sono svegliata di nuovo
e benché sia domenica,
giorno di riposo,
sotto le costole
continua il solito viavai prefestivo.

Dovete sapere che il primo incontro con lei l’ho avuto molti anni fa quando persone più istruite di me fondarono nella mia città un’associazione dal nome impronunciabile: Nie Wiem. Mi spiegarono che significava “Non so” in polacco ed era una citazione di una poetessa, appunto, polacca. Allora comprai il primo libro e poi il secondo e il terzo, il quarto, il quinto. L’associazione nel frattempo è fiorita e in parte anch’io grazie a questa incredibile e prolifica donna.

In particolare, possiedo quattro libricini curatissimi, edizioni Scheiwiller – Gente sul ponte, Uno spasso, Sale, Taccuino d’amore con testo polacco e traduzione in italiano – e un libro per le  edizioni Adelphi, Due punti. Libri pubblicati in Italia a cavallo tra gli anni ‘90 e il primo decennio dei 2000 grazie all’amorevole traduzione di Pietro Marchesani. 

Ci sono letture che non si lasciano mai, che si riprendono, perché ci insegnano dove indirizzare la nostra vita. Lei per me è una maestra. Anche solo per queste due poesie: la prima, uno sprone a sorprenderci del mondo che ci circonda, a celebrarlo con la nostra attenzione, la seconda, un invito ad essere grati alla vita. La sua poesia è universale e particolare, è concreta, ironica, leggera, sorprendente, nata da una profonda osservatrice dei moti interni ed esterni, del mondo reale e di quello possibile. Chi è? Lo dice lei stessa nel suo

Epitaffio

Qui giace come virgola antiquata

l’autrice di qualche poesia. La terra l’ha degnata
dell’eterno riposo, sebbene la defunta
dai gruppi letterari stesse ben distante.
E anche sulla tomba di meglio non c’è niente
di queste poche rime, d’un gufo e la bardana.
Estrai dalla borsa il tuo personal, passante,
e sulla sorte di Szymborska medita un istante.

È Wislawa  Szymborska (1923-2012). Come scrive Vanni Scheiwiller: “La scintilla, la precisione, la molteplicità degli interessi filosofici e scientifici, la sua non appartenenza ad alcun gruppo o corrente letteraria, fanno della sua poesia un piccolo miracolo di assoluta semplicità e immediatezza”.
Nota dell’editore in Gente sul ponte.
Premio Nobel per la poesia, talmente popolare che come mi ricorda mio figlio (anche lui sempre capace di sorprendermi) è citata nel suo film preferito: Come un gatto in tangenziale. Scriverò ancora di lei. Perché è sempre con me.

Monica Bernacchia

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