Siamo tutti un po’ “fracassati”

È uno specchio della società dei nostri giorni quello offerto ai lettori dal romanzo I fracassati di Alessandro Bini. O, per meglio dire, sono molti frammenti di specchio solo apparentemente distanti uno dall’altro, perché a ben guardare e con la visione d’insieme che solo una lettura completa può dare, quello che si apre ai nostri occhi è uno spaccato trasversale e originale della città di Firenze -patria dell’autore-, nel primo ventennio del XXI secolo. I protagonisti sono solo due, ma le pagine del romanzo si riempiono di volti, voci, storie e prospettive. E alla fine è la gente la vera protagonista della narrazione, ben curata nel linguaggio e nella struttura, come se le pagine fossero tanti piccoli scrigni semantici, in sequenza naturale (mai casuale, l’autore è curatore appassionato e intransigente dei passaggi narrativi) che in realtà si succedono con criteri assolutamente logici e studiati, in un crescendo che – come detto poco sopra – ci conduce ad un’esaustiva visione panoramica sulla gente del nostro tempo. Il palcoscenico che ospita buona parte di quella che sarebbe facilmente immaginabile come una pièce teatrale (complice il passato dell’autore da scrittore di teatro), è un piccolo bar del centro storico fiorentino, crocevia di infinite presenze, sulle quali il narratore sofferma riflessioni ora delicate, ora ironiche, talvolta storiche, a seconda del soggetto.

I fracassati piace al lettore, perché non può non riconoscersi in almeno uno dei volti ritratti. Ma piace soprattutto per l’intensità con cui i due protagonisti vengono tratteggiati, un uomo e una donna che hanno alle spalle un passato di  sbagli piccoli o grandi, senza però distinzione netta tra il bene e il male, senza giudizi di preconcetto né posizioni prese, come se la volontà di Bini fosse proprio quella di voler sottolineare la precarietà della netta distinzione che separa (isola?) gli esseri umani. Arroccati dietro dogmatiche certezze che spesso hanno la sola conseguenza di portarci a credere di essere migliori, perennemente nel giusto rispetto agli altri, neanche ci rendiamo conto che, senza gettare ponti di tolleranza e condivisione, siamo solo isole drammaticamente destinate a fracassarsi nella propria solitudine. E, alla fine del libro, scopriremo appunto che siamo tutti almeno un poco “fracassati” dentro.

Non ci si aspetti però un romanzo puramente psicologico né tedioso, perché questo non lo è. La nota vena ironica dell’autore, le tinte calde e forti che irrorano personaggi vivi e intriganti sfociano spesso e volentieri nella sensualità e nella passionalità dei sentimenti. Anche qui, come si diceva prima, nell’estrema umanità che caratterizza gli uomini e le donne del romanzo. Non racconterò niente della trama che si intreccia tra i due protagonisti, perché rischierei di spoilerare il senso del romanzo, togliendo curiosità al futuro lettore. Ma soprattutto, perché rischierei di sviare l’attenzione dai reali protagonisti della narrazione: i lettori, tutti quanti. Ciascuno nella propria drammatica, meravigliosa diversità, saprà certamente ritrovarsi in qualcuna di queste pagine.

Caterina Ceccuti

Commenta