Altri muri in costruzione, sparsi ovunque. Tra pochi giorni un nuovo muro avrebbe diviso il barbiere di Gesualdo dal suo quartiere. Doveva sbrigarsi, se voleva tagliare i capelli. Considerò l’ipotesi di lasciarli crescere a dismisura e diventare, come un ribelle dei tempi andati, un hippy, un capellone. Ma poi decise per una chioma più corta, almeno per il momento, e dunque doveva affrettarsi. Da lì a un paio di mesi Gesualdo avrebbe potuto paragonare i suoi capelli con quelli, tagliati più frequentemente, di persone che potevano invece varcare la porta del muro.
Sera sulla strada in basso, e oltre, sul mare, sul golfo, sopra il piccolo molo. Strada deserta, solo una donna di una certa età passa con un carrello della spesa. Il sole rosso si spezza in un frammento grigio di nuvola e va giù, al di sotto della linea dell’orizzonte. Qualcuno scrive al cellulare di persone impallidite nelle case. I capelli crescono.
Nella strada una ragazza con una larga borsa bianca parla a distanza, quasi urlando, con una mamma e il suo bambino.
I capelli crescono. Anche di notte. E quando moltissimi uomini e donne dormono, i capelli si allungano ancora di più, come flussi silenziosi di correnti aeree, capelli biondi, bianchi, rossi, neri, grigi, castani e di tanti altri colori. I capelli oltrepassano il cuscino, scivolano dal letto, si allungano verso le finestre e le porte, trovano invisibili pertugi, escono dalle stanze e dalle case, vanno nelle strade, le vaste chiome fluttuanti invadono vie e piazze buie, baluginano al chiarore dei lampioni. E si incontrano. I capelli si incontrano con altri capelli, si intrecciano tra di loro, sono abbracci lievissimi, carezze e tenerezze simili ai baci dell’aria, ai sospiri delle piante, al respiro delle notti. Poi tornano indietro, rientrano nelle loro case, sui letti e sui cuscini.