La bellezza della natura e dell’essere umano come vera arma di transizione

Un bruco che si trasforma in farfalla, Ovidio e le sue Metamorfosi storia del mondo che racconta l’infinita successione di forme nella realtà, dal Caos primordiale fino ai suoi giorni, un Gregor Samsa che si risveglia al mattino trasformato in scarafaggio in un celebre racconto di Franz Kafka, l’acqua che diventa ghiaccio o le sostanze chimiche che variano nella loro composizione con la formazione di nuove sostanze. Sono i fenomeni della trasformazione e del cambiamento, ma le due parole non sono sinonimi. La prima è più radicale e riguarda un cambiamento completo da qualcosa in un’altra cosa, la seconda è invece una modificazione, individuale o sociale, ma a cambiare sono anche le temperature, le stagioni, come il clima e il mondo.

Todo Cambia cantava Mercedes Sosa, la cantora popular, come amava definirsi, quando nel 1979 fu costretta all’esilio per la dittatura militare che si era instaurata in Argentina. Con quella canzone interpretava la speranza di cambiamento e di pace degli argentini. Tutto cambia, anche se il cambiamento ha una durata periodica ed è reversibile… una vera fortuna per tutte le dittature instauratesi nel mondo! mentre il grande filosofo presocratico Eraclito, parlando del mutamento che coinvolge tutto quello che esiste, diceva: “Nulla è permanente, tranne che il cambiamento”. La metafora del bagnarsi nel fiume è la plastica rappresentazione che è del tutto “impossibile bagnarsi due volte nello stesso fiume”. La trasformazione rimanda, invece, a qualcosa di più costante e duraturo, per cui se negli esseri umani il cambiamento è sempre presente con il passare delle stagioni della vita l’invecchiamento, più che un cambiamento, è una trasformazione che ha una sua direzione e, purtroppo, una sua irreversibilità.

Sfiliamoci, però, da quest’ultimo sdrucciolevole terreno, consapevoli che il tema della metamorfosi, come processo di cambiamento, può determinare anch’esso fenomeni inquietanti, come accade nei cambiamenti climatici. In quest’ultimo caso, però, non è l’inquietudine soggettiva del commesso viaggiatore Gregor Samsa che al mattino si risveglia trasformato in un ripugnante insetto, che al massimo diventa un’angoscia familiare, sempre fino a quando la domestica, sul finale del racconto, sistema le cose liberando la stanza dal cadavere dello scarafaggio. Il senso di alienazione del singolo, nella famiglia e nella società, fondamento del racconto, lascia spazio, nel caso dei cambiamenti climatici e dei loro effetti devastanti, ad un’inquietudine collettiva, nutrita dai toni preoccupati della comunità scientifica. Adesso del rischio climatico ne parlano tutti, mentre si diffondono ricerche e analisi che testimoniano che negli ultimi 150 anni le temperature sono aumentate più velocemente che in qualsiasi altra epoca, che i ghiacciai ed i ghiacci polari hanno iniziato a sciogliersi, mentre molte attività umane (industria, agricoltura, deforestazione, etc.), non adeguatamente regolamentate, stanno causando l’effetto serra. Ci saranno migrazioni climatiche e sconvolgimenti della biodiversità, per questo la parola d’ordine è transizione nella quale occorrerà governare bene il “cambiamento”, inteso come rovescio di una stessa medaglia, cioè un’inversione di marcia rispetto agli effetti negativi che riversiamo, per incuria o calcolata distrazione, sul nostro territorio. Servono scelte di salvezza per evitare disastri ambientali, climatici e sociali irreversibili, mentre le agende dei governi e le coscienze individuali devono lavorare nella consapevolezza di tutto questo e in una sinergia di progetti, obiettivi e azioni positive. La letteratura in questo scenario cosa può o potrà fare? Certamente non può e non deve rimanere estranea. E se anche Twitter ha annunciato un aggiornamento della policy con riferimento alle inserzioni pubblicitarie che contraddicono il consenso scientifico sui cambiamenti del clima, proibendo questo tipo di pubblicità, la letteratura non può proprio chiamarsi fuori.

Carla Benedetti, italianista docente all’Università di Pisa e in vari atenei statunitensi, ha pubblicato nel 2021 un libro intitolato La letteratura ci salverà dall’estinzione. Un’affermazione perentoria. La letteratura è “sorgente antica e sempre viva d’invenzione” e la scintilla dell’immaginazione sul tema del disastro climatico può aiutarci a sedimentare un altro punto di vista, in un mondo che non è immodificabile. Riappropriarsi dell’immaginazione, come accadeva al tempo dell’”oralità primaria” della Grecia arcaica, dove la comunicazione letteraria era un evento sociale, capace di prefigurare visioni del mondo diverse, è quasi un imperativo.

La dicotomia uomo-natura del resto è stata sempre argomento di produzione letteraria, nella tradizione classica dei greci e nella loro affascinante cosmogonia, che aveva trasformato in Dei gli elementi dell’ambiente, come nella successiva cultura latina del De Rerum Natura di Lucrezio, poeta molto vicino alla nostra sensibilità contemporanea, al quale l’universo appariva come un luogo in cui “le generazioni usurpano le generazioni”. O, più vicino a noi, nei caratteri del Romanticismo che considera ogni elemento naturale come una manifestazione interiore, fino alle più recenti disillusioni ambientaliste degli anni Settanta del ‘900, che hanno prodotto un filone distopico e fantascientifico. Le aule universitarie statunitensi intanto, in quegli anni, conoscono la fioritura dell’ecocritica, cioè lo studio della letteratura e dell’ambiente da un punto di vista interdisciplinare, in cui gli studiosi esaminano il rapporto tra la letteratura ed il tema della natura.

Credere alla forza rivoluzionaria della parola poetica e narrativa, al di là degli steccati dei generi letterari, e assumere la condizione umana come unica, significherà avere strumenti saldi per proiettarsi oltre il governo di un unico sapere e di un pensiero unico, quello che si misura con gli indicatori economici e della finanza, in termini di PIL e di profitto. La letteratura sarà quell’indispensabile terreno dove dovrà fiorire una scrittura capace di parlare non solo all’intelletto, ma anche alla sensibilità dell’uomo. Sul tema del rapporto uomo-natura dovrà esserci una parola nuova ed empatica, dal greco empatheia composta da en-, “dentro”, e pathos-, “sofferenza o sentimento”, una cultura rinnovata capace di suscitare un rapporto emozionale, tenuto conto che la cultura di una società viene trasmessa in gran parte attraverso la letteratura. E se il principe Miskin nell’Idiota di Dostoevskij afferma “La bellezza salverà il mondo” possiamo aggiungere, per un’armonia concorde dell’umanità e senza che lo scrittore se ne possa aver male, che anche “La cultura salverà il mondo”. È necessario, ai fini della sopravvivenza umana e del pianeta.

Marisa Paladino

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