Analisi sentimentale del rapporto uomo-animale

Amor dall’animo tenero
Ricucendo con garbo le mie ferite
Generi negli occhi miei infinita adorazione,
occupando la parte più profonda di me, il cuore.

Furono questi i primi versi che scrissi quattro anni fa, dopo aver ammirato un albero di ciliegio, il cui fiore simboleggia la pace interiore e l’immenso valore che la vita possiede, mentre il sole baciava il mio corpo e la Natura pian piano si ridestava. Era da poco entrata la primavera. Colei che è meglio conosciuta come la stagione del risveglio e della rinascita, amata per le sue peculiarità, in cui i fiori sbocciano, le piante germogliano, le giornate si allungano, la natura si risveglia, i colori si accendono. Non a caso, l’etimologia della parola primavera deriva dal termine latino ver, riconducibile al termine sanscrito vas, che significa splendere. Dunque, la primavera, è un’ottima stagione per chi ha voglia di rinascere, di splendere. Ogni anno questa stagione ci accoglie con nuove sorprese e tante bellezze. È un po’ come il Natale, da lei ci si aspetta sempre qualche cosa di buono.

Mentre la natura si risveglia, le nostre vite, sempre molto frenetiche e sfuggenti, ripartono alla ricerca di un cambiamento, dandosi un rigoroso appuntamento con questa stagione, che ti invita a uscire all’aperto per godere delle bellezze che la natura, pronta ad accoglierci, offre. Mi piace pensare alla primavera come alla stagione dei doni, che ti coglie di sorpresa e quando meno te lo aspetti. Non a caso, una mattina di quattro anni fa mi ha donato la cosa più bella che mi potesse capitare. Quel giorno, mentre tornavo da un viaggio durato qualche settimana, nella mia abitazione accadeva qualcosa di particolarmente sorprendente. Varcata la porta di casa, infatti, mi resi subito conto che c’era qualcosa di diverso. Non l’aspetto, né l’arredo: tutto era uguale, così come l’avevo lasciato prima di partire. Era diverso il calore. La mia percezione alla vista di quella casa era mutata. Nell’aria si respirava qualcosa di buono. Sulle bocche dei miei familiari abbozzava un leggero sorriso, mentre i loro sguardi erano diretti verso la facciata del giardino. In quell’istante un brivido attraversò il mio corpo e avvertii un leggero scosso, come quando sogni e qualcuno ti sveglia per portarti alla realtà. Ma io non sognavo, era tutto vero e capii subito che in giardino c’era qualcuno che mi aspettava.

Mi precipitai come fanno i bambini quando la mattina di Natale corrono verso l’albero per aprire i regali e vidi lui: un cucciolo di labrador tutto nero, rannicchiato su sé stesso, riempiva la mattonella del giardino mentre il sole avvolgeva il suo corpo. Dormiva beato, mentre un collarino rosso dotato di un campanellino era attorcigliato intorno al suo collo minuto. Per un istante il tempo si fermò: mi sarebbe piaciuto che una macchina fotografica immortalasse quel momento, per mantenere vivo quel ricordo e renderlo nitido. Mi avvicinai con cautela per non spaventarlo, anche se in quel preciso momento avrei voluto fiondarmi con tutta l’euforia e l’amore del mondo, per spupazzarmi quel microbo che aspettava solo di essere coccolato. Ma la parte dolce, sensibile e calorosa che mi accompagna fin dalla tenera età, prese il sopravvento e mi chinai lentamente per prenderlo tra le braccia e dargli un caloroso benvenuto.

Da quel giorno la mia vita cambiò radicalmente. Quella palla di pelo nero lucido, si appropriò del mio cuore e nessuno da quel momento in poi, avrebbe potuto prendere il suo posto. Il mio cuore riprese a battere e le mie giornate cominciarono ad assumere un senso: cominciai a vivere con lui e per lui. Non c’era nulla che potesse allontanare il mio corpo dal suo, eravamo e lo siamo tutt’ora, una cosa sola. Il suo odore, il tintinnio delle sue zampette che percorrono la casa, la marea di giochini sparsi per il salotto, i suoi primi comandi, i suoi primi abbai, le sue prime uscite, le prime nuotate, le prime socializzazioni: la mia vita ruotava attorno alla sua, ogni piccolo passo era motivo di festa, orgoglio e coccole a non finire. Il suo arrivo mi rese una persona migliore. Grazie a lui capii il significato della parola amore, quello vero, che non ti abbandona mai, quello che ti fa avere paura e al contempo ti fa gioire, quello che non riesci a spiegare ma solo a vivere. Quando sono insieme a lui avviene una trasformazione: tutte le intemperie vanno per un momento via, i brutti pensieri si allontanano e la vita appare perfetta.

La passione per gli animali, in particolare per i cani, la porto con me fin dalla tenera età. Premeva dentro di me il desiderio di accudire un animale, portarlo nel mio mondo, dargli una casa, una famiglia. Il mio cuore poi si lacerava, ogni qual volta incrociassi un cane abbandonato, maltrattato e lasciato da solo, senza che qualcuno si occupasse di lui. L’abbandono è un fenomeno oramai diffuso e pressoché brutale, che traumatizza i nostri amici a quattro a zampe lasciando in loro tracce di insicurezza e non fiducia. Provate a immaginarvi questa scena ponendovi nei panni dei nostri animali domestici: una mattina vi svegliate e con la vostra solita sentimentalità andate dal vostro padrone e porgete lui le migliori feste che abbia mai ricevuto. Vedete il vostro umano mettersi la giacca e prendere le chiavi della macchina, mentre con un cenno vi fa capire che dovreste andare in macchina. Voi siete felici, pensate che il vostro compagno di vita vi stia portando con lui in un posto magnifico, dove passerete una splendida giornata. E invece quel posto si rivelerà brutale, perché lui, con la sua freddezza e un cuore che probabilmente nemmeno pulsa, vi aprirà la portiera, vi lascerà lì e senza nemmeno un accenno o un saluto, accenderà il motore e andrà via per sempre. Voi rimarrete lì, disorientati, comincerete a fissare la macchina del vostro padrone che si allontana o magari se avete le forze comincerete a raggiungerla per pregarlo di non lasciarvi. Sarete impauriti, terrorizzati, senza nessun punto di riferimento. Da quel momento toccherà a voi procurarvi del cibo, dell’acqua, pregare Dio che non vi ammaliate, perché altrimenti non riceverete nessuna cura e l’unica soluzione plausibile ai vostri occhi sarà quella di lasciarvi morire. Non riceverete più una carezza, una coccola. Vi dovrete guardare le spalle, perché da quel momento sarete consapevoli che il mondo lì fuori potrà rivelarsi terrificante. Comincerete a desiderare, dopo aver atteso invano il vostro umano che vi ha abbandonato, di entrare a far parte di un’altra famiglia, e spererete che essa possa mostrarsi migliore della precedente. Provate a immaginare cosa avviene dentro il cuore di quel cane: si spezza in due, si lacera, è infranto.

È questo ciò che ha provato sulla propria pelle la mia seconda cagnolina, Bianca, arrivata nella mia vita tre anni fa. Una cagnolina impaurita, che vagava per le strade alla ricerca di cibo e di un posto in cui proteggersi, si presentò al negozio di mia madre, con gli occhi fissi su quella donna e uno sguardo tenero, buono. Questa sua costante presenza cambiò le nostre vite: ogni mattina si recava al negozio, aspettava mia madre e le andava incontro. Quando il negozio chiudeva l’accompagnava fino all’uscio di casa per poi tornare nel luogo in cui era apparsa. Non si faceva accarezzare da nessuno, eccetto lei. Quella cagnolina aveva scelto mia madre: non si è trattato di amore a prima vista, ma di quello che Hillman chiama il daimon, ciò che la nostra anima sceglie prima di venire al mondo. L’anima di Bianca, nelle vesti di una cagnolina abbandonata, ha scelto un luogo, un’immagine, un volto per completare la sua avventura sulla Terra, e quel volto, quell’immagine e quel luogo, avevano il nome di mia madre. Infatti, nonostante sia io a prendermi cura di lei h24, il suo daimon la spinge verso mia madre, senza mai abbandonarla.

Sono sempre più convinta che i cani, così come i gatti e altri animali, abbiano un’importante missione spirituale. Non a caso (ciò che accade non è mai un caso) vengono chiamati angeli con la coda. Loro entrano nella nostra vita nel momento giusto (nel caso di Bianca dopo cinquant’anni dalla nascita di mia mamma), per completare la loro missione. Sono loro che scelgono noi e non viceversa. Nel caso di Argo, la sua presenza è da ricondursi a una missione particolare, destinata a me e al nostro rapporto. Per quanto fin da piccola abbia avuto animali domestici nelle abitazioni dei miei nonni, mai nessun cane mi ha donato quello che mi dona Argo. Percepisco qualcosa a livello energetico che non riesco a spiegare. Io non so vivere senza di lui e lui senza di me. Qualcuno mi chiamerà matta o visionaria, ma se è vero che  loro non entrano nella nostra vita per caso, io ho il dovere di seguire la mia anima, darle ascolto e completare la mia missione: una di queste, è quella di prendermi cura di lui, senza sprecare neanche un minuto.

Il rapporto uomo-animale è sempre stato trattato con tale delicatezza da scrittori, poeti e artisti di ogni tempo. Ho letto tanti libri, ma mai nessun libro è riuscito a farmi piangere come quello di Mino Milani, che con dolcezza racconta la storia tra Argo e Ulisse mentre nelle pagine vengono illustrate le varie sequenze del loro rapporto.  Quel libro, così intenso e carico di emozioni, è uno di quelli che ti prendono per mano e ti rimangono nel cuore, sono indelebili, impossibili da dimenticare. Narra di un legame indissolubile, che nemmeno una guerra è in grado di allontanare. Non a caso, dopo vent’anni di combattimento e avventure, quando Ulisse torna nella sua amata Itaca fingendo di essere uno straniero, l’unico in grado di riconoscerlo è proprio il tenero Argo, che allo stremo delle forze trova il coraggio di guardarlo negli occhi, dimenare la coda in segno di accoglienza e contentezza fino a lasciarsi morire e lasciare quella Terra per sempre. Perché ciò che contraddistingue un cane, è proprio la sua capacità di essere paziente, fedele, grato. Quel cane ormai abbandonato da tutti, sofferente e ormai anziano, si lascia morire solo quando vede il proprio padrone ritornare nella sua patria, come a voler comunicare: “ora che tu sei tornato e stai bene, posso finalmente lasciare questo posto”.

Non è la prima volta nella storia che succedono eventi del genere. Pensiamo ad Hachiko, che attese ininterrottamente il suo padrone ormai deceduto per oltre dieci anni, fino a raggiungerlo nel mondo ultraterreno con una scena commovente. Quando parlo del mio rapporto con Argo, le persone che mi ascoltano spesso rimangono interdette. Chi è amante degli animali come me, spesso si è ritrovato a dover fare i conti con le classiche affermazioni riportate di seguito:” ma non esageri un po’ troppo?”, “non è mica tuo figlio, smettila di trattarlo come tale”. Lungi da me, non intendo assolutamente umanizzare un’animale perché ciò equivarrebbe a non rispettarne le sue esigenze, ma da studentessa universitaria, abituata fin da subito a compiere ricerche bibliografiche, posso assicurarvi che molteplici sono stati gli esperti che hanno approfondito la natura del legame affettivo uomo-cane. Spesso, mi ritrovo a descrivere il rapporto con i miei cani come un vero e proprio attaccamento che non si limita a un banale rapporto semplicistico di cui tantissime persone parlano quando si trovano ad affrontare determinati argomenti. Quest’ultimo termine è da intendersi come tale. Gli individui formano sin dalla nascita dei legami di attaccamento, legami appunto, che non devono necessariamente intendersi tra individui appartenenti alla stessa specie. Ora, utilizzerò le mie conoscenze apprese durante il percorso universitario, per spiegarvi che l’attaccamento uomo-animale è più radicato e diffuso di quanto crediate.

Quando vi ostinate a precisare che un cane non deve e non può essere paragonato a un figlio, utilizzate le vostre parole con molta coscienziosità. È giusto chiamare le cose col proprio nome, ma è altrettanto opportuno e dal mio canto doveroso, dare la giusta forma e il giusto peso a una relazione così significativa. Numerosi sono stati gli studi che hanno dimostrato quanto il legame tra cane e padrone debba considerarsi al pari dell’attaccamento che un bambino instaura con la sua figura di riferimento, poiché il padrone, così come la madre o il padre per il piccolo, risulta a tutti gli effetti la figura di accudimento per il proprio cane. Già l’allora padre della psicoanalisi disse che “il sentimento per i cani è lo stesso che nutriamo per i bambini” poiché entrambi dipendono dagli altri per quanto riguarda il nutrimento, l’affetto e la salute. Se un bambino cresce all’interno di una famiglia che possiede un’animale, questi imparerà più velocemente la condivisione, il rispetto, il gioco, accrescerà la sua teoria della mente e saprà interagire con una specie diversa dalla sua che gli permetterà di comunicare in maniera del tutto differente.

I cani possiedono un linguaggio completamente diverso dal nostro. Chi possiede un’animale, sa perfettamente che deve esercitarsi per comprendere ed entrare in sintonia con ciò che l’animale vuole comunicarci se vogliamo rispondere prontamente ai suoi bisogni e costruire un rapporto basato sulla fiducia, la reciprocità e il rispetto, proprio come la madre deve decifrare il pianto e il riso di un bambino che non possiede ancora un linguaggio articolato e si esprime in codici preverbali che l’adulto dovrà poi essere in grado di recepire. La relazione tra uomo-animale richiede impegno e dedizione. Tale relazione va oltre i confini della scienza e si innalza a qualcosa di non-visibile, che si può spiegare e comprendere soltanto secondo principi ascientifici. Io ho ascoltato la mia anima, poiché ella non potrà certamente sbagliarsi: i miei cani sono qui per un motivo ben preciso ed io non posso far finta che questo motivo non esista.

 Ne approfitto per recitare una frase di J.K Jerome per descrivere in pochissime righe chi è un cane, e lo faccio soprattutto per coloro che ancora oggi, lo ritengono insignificante, pericoloso, o qualcosa per cui non vale la pena disperarsi in caso di separazione o gioire in caso di vicinanza. A loro dico: “Non si cura di chiedersi se abbiate torto o ragione, non gli interessa se abbiate fortuna o no, siete ricco o povero, istruito o ignorante, santo o peccatore. Siete il suo compagno e ciò gli basta. Egli sarà accanto a voi per confortarvi, proteggervi e dare, se occorre, per voi, la sua vita. Egli vi sarà fedele nella fortuna come nella miseria”.

Giulia Funiati

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