Anaïs Nin: Resteremo così tra fogli e lenzuola

“Non vediamo le cose per come sono.
Le vediamo per come siamo”

Amabile Parigi ha un’aria ovattata e un suono ancestrale che culla, che sale dal ventre della terra e che avvolge. Il vento carezza, la sua compagnia non mi lascia mai, non mi fa mai sentire da sola. Alzo la testa ed il cielo è più basso e più scuro, il lungosenna grigio rimane sospeso, cartolina in bianco e nero. Le candide dita sottili trattengono il fumo, boccate ingorde lasciano fugaci ombre che si disfano nell’aria freddissima. Sopravvivono ancora labbra di rosso scarlatto, occhi che vibrano ancora di te, e qui tra le palpebre tu, la tua faccia rude è rimasta incastrata tra le pupille dilatate, le mani avide, le gambe voraci. Forte e fugace, veloce amplesso. Io sono il miele di cui Henry non può fare a meno, dal primo incontro attaccato addosso e di più, sotto la pelle. Ci siamo presi in quel portone, come io volevo essere presa, come io pretendevo. -Questo volevi Anaïs? – Credevo di avere sentito la voce all’orecchio, mentre la mente evocava ogni singolo centimetro della sua pelle.

Non è forse per questo che esistiamo?

Parigi pullulava di menti poetiche, fermento d’arte, ricchi e spiantati, tutti accomunati dalla pesante leggerezza della vita, intorno a noi fuoco e fiamme di parole, tutto quello che per troppo tempo anche io avevo tenuto a bada dentro. Quel fuoco per la vita, riverso sui fogli. Da quando mio padre era andato, il primo dei miei diari era stato pagine di parole per lui. Bisogno di conquistare un uomo, perché quello che avevo perso, lasciava una voragine troppo grande da colmare. Scrivevo da sempre, continuamente, appuntando ogni cosa, portandomi dietro quelle pagine come fossero un talismano “la mia pipa d’oppio. La mia droga, il mio vizio”. Tutto scritto anche la vita che avevo dovuto appiattire, sposando il mio Hugh. Si certo, interessante, banchiere con la passione per il cinema, ricco, soprattutto. Sposati per tutta la vita, ma l’amore? La passione? Hugh non aveva la giusta miccia che potesse accendere la curiosità della bella moglie. Tutti sapevano. Rassegnato aveva fermato la verità con uno scatto, immortalando il divano in velluto con i due amanti avvinghiati, sapeva anche lui, probabilmente aveva sempre saputo, in qualche modo accettato. Sicuramente accettato, le sedute di analisi con quel Rank allievo del Professor Freud che aveva lanciato il suggerimento del diario e in quel diario poi ci era finito. Con lui dividevo lenzuola e confessioni. Tutto accettava Hugh, la passione, l’inquietudine e io avanzavo alla ricerca di me, attraverso la scoperta dei miei desideri e quelli di chi si stringeva ai miei fianchi, esplosione dei sensi, chiosata tra pagine. Henry sapeva prendermi come nessuno, la scrittura virile, ruvida e sensuale come lui, era totalità, così simile alla mia nella ricerca e nell’ambiguità: “Solo i battiti uniti del sesso e del cuore possono creare l’estasi” una nota tra le pagine. E i battiti accelerarono quel giorno in cui l’affollato ménage si riempiva di una forma nuova, bellissima, di lunghe gambe e sguardo obliquo di lancia. June la moglie di Henry entrò prepotente e languida, con lentezza, scivolando tra noi due amanti, con l’aria snob e sprezzante di chi si presta senza perdere e sceglie, anche scelta. Diventò forma e desiderio, che si appagava mentre nella camera attigua come orgasmica esplosione, i battiti della macchina da scrivere si facevano folli all’unisono. Lui traeva ispirazione per una scrittura ancor più carnale, assorbendo l’erotismo che aleggiava nell’aria. Noi ci perdevano in spossati momenti tra sogno e realtà, a metà come quando un impulso ti sveglia di notte. Ognuno prendeva da ognuno, ognuno traeva da ognuno e non solo piacere ma ispirazione per riempire l’anima e appagare l’insaziabile bisogno di vita.

È forse per questo che esistiamo.

June, Anaïs, Henry eravamo anime immolate sull’altare della voglia padrona e dominatrice. Henry e me amanti e creatori in uno spazio, poesia dei sensi. Esplosione di lacrime e fragorose risate, fantasie anche romantiche, languidi attimi, afrodisiache avventure mentali. Spinti più in là, troppo più in là, da far urlare allo scandalo. Forse anche oggi arrossirebbero guance, di chi poi alla fine resterebbe a godere di ogni singolo attimo che lasciammo incastrato tra fogli e lenzuola.

Stefania Castella

Rispondi