La donna e il suo corpo nella cultura patriarcale

Le donne di Tiziano: una riflessione sul potere e il suo canone estetico.
Il canone che definisce l’idea di bellezza si è continuamente modificato nel corso della storia. Quello rinascimentale è probabilmente il punto più alto che sia stato raggiunto, tanto che l’armonia delle forme, il colore vivido dei tratti, il porre la figura umana al centro, ha costituito un punto saldo non solo della storia dell’arte, ma della storia umana.

Alcuni anni fa ero a Roma durante una mostra di Tiziano presso le Scuderie del Quirinale. Una mostra che mi segnò profondamente e mi fece riflettere.
Tiziano fa parte di un Rinascimento maturo, ossia tardo, quasi al confine con il manierismo. Allievo di Giorgione, da cui presto si distaccò per mirare a una pittura più naturale, dai toni decisi, in seguito oppose al primato del disegno michelangiolesco quello del colore. La sua tavolozza è intensa, i suoi toni accesi e sicuri, lontani dallo sfumato leonardesco.

Mi colpirono le sue figure, soprattutto le donne, che si stagliano sulla superficie del dipinto con una sicurezza e personalità uniche. Figure corpose, rosee, piene di vita e vitalità, depositarie di una sensualità al confronto della quale le pose contemporanee ricordano Zoolander… Abbiamo perduto quel senso della bellezza ahimè. Il nostro canone estetico è costituito dalla magrezza al limite dell’anoressia. La donna, soprattutto, è sempre più svilita, il suo corpo vituperato. Il corpo della donna, l’idea che lo circonda, il canone estetico, è un sintomo dell’evidenza degli ideali in voga, dello stato del potere. Abbiamo raggiunto molti diritti civili e politici, il diritto di voto soprattutto, eppure ogni giorno assistiamo a violenze e scelleratezze, omicidi, che hanno donne al centro. Il problema è culturale.

Troppo a lungo la donna è stata, brancatianamente, argomento di discussione tra uomini. Sono stati gli uomini a fissarne il canone estetico e a stabilire l’ideale cui la donna doveva adeguarsi. Donna come madre, terra da seminare, culla della vita. Figura angelica ed eterea, causa di dannazione, oggetto del desiderio. In epoca più recente, certa psicologia è entrata nel merito di disquisizioni sull’anima e l’eterno femminino, sull’animus e l’anima. Naturalmente, quasi tutti erano uomini che, partendo dalla mitologia, da tradizioni, credenze e fedi antiche nonché dall’archeologia, avevano l’ardire, ancora, di insegnare alla donna cosa sia il femminile. Un discorso a parte va fatto per le teorie gender, la cui utilità mi sembra vada rintracciata soprattutto nell’ottica di acquisizione di diritti civili di determinate minoranze.

La donna, checché se ne dica, nella nostra cultura patriarcale e maschilista, è innanzitutto il suo corpo. Il potere esercitato su questo corpo è la spada di Damocle che pesa su quasi tutte noi. Il dibattito sull’aborto, un diritto civile da esercitare secondo coscienza, che torna attuale nell’Occidente cosiddetto “evoluto”, è un prodotto della cultura patriarcale. Il corpo della donna è appannaggio della donna.
Le violenze, le ingiustizie, le disparità di trattamento che caratterizzano la nostra società, sono un problema maschile, che va risolto nell’ambito della cultura maschile. Finché l’uomo non si interrogherà sulla sua specificità, finché non cesserà di pontificare su un argomento a lui sconosciuto, vale a dire l’essere donna, per provare a capire cosa significhi essere uomo, la cultura patriarcale non cesserà d’esistere.
Mia nonna, negli anni Quaranta e Cinquanta, aveva la patente, guidava e insegnava. Ha avuto quattro figli maschi. Era innamoratissima di mio nonno, classe 1900, per il quale ha dato tutto.

Mia nonna, otto figli, in seguito alla malattia di mio nonno, ha dovuto lavorare. Mia mamma, che studiava, in quanto figlia maggiore ha dovuto prendersi cura degli altri e della casa. Si è laureata, ha lavorato.
Le donne di Tiziano mi hanno insegnato cos’è la bellezza e cosa la sicurezza. Che possano insegnarlo anche a tanti uomini.

Glenda Dollo

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