Virginia Oldoini Contessa di Castiglione: la donna più bella del reame

La cosa che amo di più al mondo è la mia libertà
(Virginia Oldoini Contessa di Castiglione)

C’era una volta una bambina graziosa che si affacciava al mondo consapevole di quanto uno sguardo dosato bene avrebbe potuto essere potente quanto un’arma, e quell’arma imparò ad usare fino al percorso in cui come parabola discendente non cedette a sé stessa nascondendosi per dimenticare lo scorrere del tempo…

È buio dentro e fuori e tra le tende tirate a lutto, a venerare una dea in decadenza, ripiegata sul dolore dell’età. L’ora più nobile per uscire, di notte quando nessuno sguardo indugia sul collo, sugli occhi velati di impellenza di tempo. Misteriosa dama, immersa nel nero di trine, guanti alle mani, veletta sugli occhi, incrocio la scritta che mi spinse via da quelle pareti di lusso, ora il lusso è in vendita, ha vetrine di maestosi gioielli. Niente a che vedere con quelli passati tra le mie mani, quelli sì che valevano troppo. Conto le perle ad una ad una come le donne sfilano il Rosario, passano i ricordi per cinque lunghissimi giri di perle. Ogni giro un sospiro, una lacrima, che le dame lacrimano facilmente, e inginocchiano l’animo dell’uomo più impavido.
All’epoca sì che ne cadevano in ginocchio, ai miei preziosissimi bellissimi piedi, qualcuno sfiorava adorante le caviglie sottili, qualcuno si limitava a bramare, altri sopportavano, amando in sordina. Virginia sono io, una sfilza lunga di nomi accostati, e una ancor più lunga di amanti. La “statua di carne” così mi chiamava la principessa con la punta della lingua avvelenata. Quando passava il mio corpo sinuoso, si apriva la folla come le acque al passaggio di Mosè. Sapevo del mio incedere conscio di ogni movimento, non era certo una colpa essere nata bella. Lo sono stata bella, già a sedici anni quando corpo da donna e cuore da bambina, andavo in sposa all’uomo che pretendeva di amare la più bella d’Europa. E io lo sposavo, non fosse altro che per il diritto a quel titolo: Contessa, che somigliava a Principessa, il sogno che portavo inciso nella testa.
L’amore? Nessuna andava in sposa per amore, e io non sarei stata un’eccezione. “Nicchia” mi chiamavano per il vizio di addormentarmi rannicchiata su una dormeuse, con l’aria delicata da regina. Fiera, elegante, sicura, gli uomini pendevano dalle mie labbra, le donne, quelle labbra, le avrebbero strappate volentieri. Come quella volta al ballo delle Tuileries, istruita per bene dal cugino importante, ondeggiavo verso il sovrano, la folla saliva fin sopra i divani per ammirare meglio. Vestita d’oro, tulle leggero e nient’altro a coprire la carne, avrebbero dovuto ringraziare, quella donna inginocchiata davanti all’imperatore, ipnotizzando quel sovrano perorava la causa. Immolandomi, pregata dal cugino Cavour, pur preso ma troppo timido per avanzare, due lacrime sul filo di perle valsero il biglietto dell’imperatore “sarà così anche per L’Italia”. Le perle furono legate in cinque lunghi giri, l’Italia sarebbe stata legata a suo modo come quella collana, per rendere il sorriso alla Contessa triste per il suo paese diviso.
M’avevano forse ringraziata per questo? Avrebbero dovuto, anche le dame che abbandonavano ridicoli mutandoni per seguir la moda che dettavo. Mai più quella robaccia, calze di seta appuntate di pizzi e gioielli, giarrettiere che fecero la storia, facendo gola. Forse non avevo scrupoli, ma era forse una colpa sapere di essere bella e vederlo riflesso negli occhi degli altri? Se le finanze suonavano cassa e lo sguardo ripiegato sull’ennesimo sguardo di uomo poteva aiutare, era forse una colpa?
Occhi di ghiaccio e steli di seta. Tornare in Italia sembrò punizione, con tutto l’amore che potevo provare, Parigi valeva bene tutt’altro. Sfrattata da un uomo potente come una qualunque pezzente, peggio ancora, come una qualunque. Coprite ogni specchio, l’immagine di un tempo non tornerà più. “Non mi vedranno perdere”. Oltre i vetri socchiusi da tende pesanti, veletta sugli occhi, non piangerò sui ricordi passati “Non mi vedrete invecchiare, non vi darò questa soddisfazione”. Nessuno si volterà più, nessuno dirà: “guardate com’è ridotta la Castiglione”. Tirate giù tutto, resterò in questo buio perenne, nessuno vedrà il mio viso di oggi. Sarà così fino alla fine dei giorni. Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini Verasis Asinari Contessa di Castiglione. La donna più bella del reame. Parigi 1899.

Quella contessa di Castiglione
Allo sfiorire della sua stagione,
disparve al mondo, sigillò le porte
della dimora e ne restò prigione
sola col Tempo, tra le stoffe smorte,
attese gli anni senz’amici senza
specchi, celando al popolo, alla Corte
l’onta suprema della decadenza…
(Guido Gozzano)

Stefania Castella

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