In principio furono le melanzane

Sui banchi del mercato già si vedono diverse tipologie di pomodori, melanzane, zucchine e peperoni. Praticamente i miei colori preferiti. E ogni volta che li vedo non posso fare a meno di ripensare alle conserve che mia madre faceva quando io ero ragazza e che ci tenevano compagnia per tutto l’inverno.

Trascorrevamo l’estate al Circeo, dove avevamo affittato una casetta, la cui proprietaria era una contadina: in fondo al vialetto aveva una piccola aia con galline e conigli, poi c’era una stalla. C’era anche un piccolo orticello con piante di pomodoro e tanto basilico, a cui ci aveva dato libero accesso, probabilmente più per cortesia, pensando o sperando che ci saremmo andati raramente. Ma a me l’idea di staccare un pomodoro e due foglie di basilico e condirci una fetta di pane piaceva così tanto, che lo facevo ogni volta che potevo. Con buona pace della signora che mi guardava dalla finestra pentendosi della sua generosa offerta.

Aveva poi diversi campi in cui coltivava di tutto. Ogni tanto arrivava con un bel cestino colorato di peperoni, melanzane e zucchine, che noi cucinavamo e gustavamo quasi in diretta. Avevano un sapore unico, probabilmente perché dal campo alle nostre padelle trascorrevano al massimo un paio d’ore. Quando il cestino era un po’ più pieno mia madre, dopo averli cucinati, ne congelava una parte, così che avessimo qualche contorno estivo anche durante i mesi freddi. 

Ci fu una volta in cui la contadina ci fece una proposta: lei doveva “levare il campo” a fine estate, ossia eliminare tutto quello che c’era sulla pianta per dare modo al terreno di riposare. Se fossimo andati con lei a aiutarla, tutto quello che prendevamo sarebbe stato nostro. Lei avrebbe risparmiato la spesa dei braccianti, noi sull’acquisto delle verdura e ci saremmo fatti un bel po’ di scorte. Insomma ci guadagnavamo tutti. Pure il negozio di elettrodomestici dove mio padre andò di corsa a comprare un congelatore nuovo. 

E già perché la nostra idea era quella di tornare a casa con due o tre casse di ortaggi, magari pure quattro. Ma voi avete idea di quante piante ci possano essere in un campo “da levare”? Sono tante, anzi no, di più. Lo capimmo quando la signora, con tanto di cappellone e stivali di gomma, ci portò una confezione di sacchi condominiali dicendo “Se non vi bastano, poi ci sono gli altri”. Dieci sacchi condominiali. 

Se chiudo gli occhi ancora li vedo quei sacchi, accatastati sotto il portico della nostra casa, per evitare che il sole li rovinasse. Fu un lavoro di giorni: lavare, eliminare le parti non edibili, scartare quelle rovinate. E poi ancora cucinare, porzionare e congelare.

In principio furono le melanzane, in parte grigliate, in parte tagliate a funghetti e in parte fritte. Ricordo anche svariate teglie di parmigiana, di misure diverse e tutte già pronte che… “queste basta solo infornarle”. Poi fu la volta dei peperoni, che invece andavano arrostiti sulla brace e per quello l’esperto era mio padre, che si metteva sotto il solito portico alle cinque di pomeriggio e andava avanti per tutta la sera.

Per ultime vennero le zucchine, che poverine uscirono da quei sacchi un po’ malconce, perché nel frattempo era passato qualche giorno. E dopo averle lavate e tagliate, cubettate e affettate, non sapendo più che inventarsi, mia madre decise di fare un po’ di sottolio, “Così abbiamo pure l’antipasto”, diceva tutta contenta. Si mise seduta al tavolo con due o tre insalatiere davanti, iniziando a tagliare soltanto la parte esterna, mentre l’interno veniva eliminato. 

“E con queste che ci facciamo?” chiedevo, guardando una discreta quantità di zucchine scartate. Mia madre mi guardò con lo sguardo supplichevole “Non ne ho idea” La sua espressione era qualcosa del tipo: facci quello che vuoi, casomai le diamo alle galline. Ma le galline poi, le mangiano le zucchine? Io non ne ho idea perché il problema non si pose. 

Mentre gli adulti, sempre seduti sotto il portico, continuavano a tagliare e a controllare lo stato dei vasetti che avremmo usato, io presi la ciotola con quelli che erano stati classificati “scarti”, andai in cucina e improvvisai: una cipolla soffritta, un uovo che aggiungi giusto perché si era rotto e andava usato e loro: “gli scarti delle zucchine”. Spadellai tutto e ci condii la pasta. Sarà stata la fame, la stanchezza o la bontà delle verdure ma, una volta a tavola, l’approvazione fu unanime. 

E mia madre disse: “Sei proprio brava a inventare piatti con quello che c’è . E anche a riciclare gli avanzi. Ci potresti fare una carriera…”

Monica Face

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