Nasce un figlio, magari il primo figlio, e nel cuore di una neo mamma immediatamente si risveglia il bisogno di proteggerlo, accompagnarlo in ogni singola tappa della sua nuova esistenza, seguendo un istinto atavico e naturale. Ecco perché hanno avuto voglia di vederci chiaro le madri fiorentine che qualche tempo fa si sono rivolte a me per raccontare la loro esperienza riguardo alla completa mancanza di informazione sul protocollo ospedaliero di somministrazione intramuscolare della Vitamina K che, secondo il documento diffuso dalla Società Italiana di Neonatologia, deve essere eseguito dal personale sanitario nelle ore immediatamente successive alla nascita, per scongiurare la pericolosa “Malattia emorragica del neonato”. Fin qui tutto bene, nessuna ha messo in dubbio l’importanza del protocollo salvavita, ma il fatto che non esistano brochure informative nei consultori, che non se ne faccia menzione durante i corsi pre parto, che non esista traccia della profilassi sui siti della Regione e dei punti nascita, non va bene per niente.
«Sono diventata mamma a dicembre 2021 -spiega Giulia V., che ha partorito nell’ospedale di Careggi a Firenze-. Immediatamente dopo il parto la bambina è stata portata alla visita di controllo. Il babbo l’ha seguita e ha notato che dopo averle somministrato delle gocce oculari le hanno infilato un ago intramuscolo e fatto una puntura, senza alcun avvertimento né spiegazione a noi genitori e, soprattutto, senza alcun consenso informato da farci firmare». Stessa sorte è toccata a Giuseppina F., divenuta mamma appena pochi gironi fa «Anche il mio compagno ha accompagnato la nostra bambina alla prima visita -spiega- e ha assistito alla medesima scena, senza ricevere alcuna informazione. A domanda “Cosa state facendo?” il personale sanitario ha risposto “È la K”, che per un genitore privo di qualsivoglia informazione preventiva può significare tutto e niente. Il guaio è che ormai la puntura era stata fatta».
La denuncia arriva da mamme che hanno partorito negli ospedali di Careggi, Ponte a Niccheri e Torregalli «La profilassi della Malattia emorragica del neonato con vitamina K è concordemente raccomandata da decenni dalle più importanti società scientifiche nazionali e internazionali e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità -mi è stato spiegato dal personale sanitario dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi- poiché rappresenta l’unico metodo efficacie per prevenire questa patologia che può determinare gravissime conseguenze nel neonato, come decesso o lesioni cerebrali irreversibili».
La somministrazione della vitamina K per via intramuscolare ha sostituito la somministrazione della via orale come metodo di prima scelta, perché pare garantire una maggiore efficacia della profilassi. È quanto troviamo scritto nel documento della Società Italiana di Neonatologia, pubblicato nel 2017, in cui è specificato che “I protocolli della profilassi della malattia emorragica del neonato suggeriscono (visti i deludenti risultati della strategia orale)… la somministrazione di 0,5-1 mg di vit. K intramuscolo a tutti i neonati (solo in casi eccezionali si rispetta la richiesta dei genitori dell’eventuale scelta della via orale, 2 mg alla nascita seguita da 150 µg/die fino a 14 settimane)”.
Peccato che, a detta di tutte le madri intervistate, la disinformazione assoluta in merito all’esistenza stessa del protocollo ospedaliero per la Vitamina K impedisca la possibilità di un genitore di scegliere tra la somministrazione intramuscolo oppure per via orale. «Non sapevo neanche che ai miei due figli fosse stata data questa vitamina -sostiene Samantha F., i cui figli sono nati rispettivamente nel 2018 e nel 2021 all’Ospedale di Ponte a Niccheri-, lo scopro adesso parlando con una giornalista. In effetti, sul libretto pediatrico del primogenito leggo che è stata somministrata la profilassi orale, su quello del secondo l’intramuscolo (indicato 1 mg)».
«Mi sento tradita -è il commento di Tullia F., mamma di un bambino di 3 anni partorito a Careggi-. Ho seguito il corso pre parto di Careggi, presenziato a tutte le visite di controllo previste per la gravidanza e per la presa in carico come partoriente e nessuno nell’Ospedale ha mai trovato cinque minuti per informarmi del fatto che a mio figlio avrebbero iniettato una sostanza alla nascita? Lo scopro oggi, a distanza di tre anni, parlando con altre mamme. Nel libretto pediatrico di mio figlio, accanto alla dicitura profilassi Vitamina K, è scritta soltanto una data: nessuna spiegazione sul nome del farmaco, sul dosaggio e sulle modalità di somministrazione. Se mi avessero informata avrei scelto sicuramente la modalità di somministrazione via orale, di modo da poterla eventualmente interrompere in caso il mio bambino avesse manifestato effetti collaterali. E non mi vengano a dire che per informarmi avrei dovuto cercare sul sito dell’Ospedale perché l’ho fatto, e non esiste neanche un rigo riguardo all’esistenza di questo protocollo. Se è vero che stiamo parlando di una profilassi salvavita, allora i genitori dovrebbero essere doppiamente informati al riguardo».
«Nel libretto pediatrico di mia figlia, nata nel 2008 a Careggi -commenta ancora Isabella B.-, vedo solo un cerchietto a penna intorno alle parole “Profilassi primo semestre: Vitamina D,K e altro”. Cosa significhi questo “D, K e altro” non è dato sapere».
A parte il fatto di non essere stati in alcun modo informati, a lasciare sconcertati anche numerosi altri genitori – come Marta D., neo mamma che ha partorito poche settimane fa all’ospedale di Torregalli – è stata l’assenza di consenso informato. «Non sempre è necessario formalizzare il consenso informato con un atto scritto -ci viene spiegato-: quando ricorrono condizioni di urgenza a fronte di un pericolo imminente e non differibile per la salute dell’interessato, non sono facilmente reperibili i soggetti legittimati alla firma e vi è un rapporto estremamente favorevole per il paziente fra beneficio e rischio della prestazione è legittimo, proprio nell’interesse di quest’ultimo, evitare eccessi di burocratizzazione, o peggio rischi di medicina difensiva.
La profilassi con vitamina K -continua l’Azienda Ospedaliera di Careggi- è ormai prassi consolidata, essendo stata introdotta nel 1961 e a oggi non vi sono alternative efficaci per la prevenzione della Malattia emorragica del neonato. È una somministrazione che deve essere eseguita precocemente nel post-partum. Non comporta effetti collaterali di rilievo a fronte di un potenziale rischio per la vita causato dalla malattia. Infine, in una società multietnica e multiculturale, spesso accade che nell’urgenza del parto non sia possibile superare immediatamente barriere culturali e linguistiche».
Ma se non è l’ospedale a dover informare i neo genitori riguardo al Protocollo a base di Vitamina K, a chi dovrebbe spettare farlo?
«La Regione Toscana ha scelto la strada dei Corsi di Accompagnamento alla Nascita che consentono una più completa descrizione delle procedure assistenziali e l’approfondimento degli argomenti che più interessano le singole gestanti mediante l’interazione con le Ostetriche».
Eppure, neanche i genitori che hanno regolarmente frequentato i corsi pubblici sembrano soddisfatti. «Come mamma non posso giustificare l’assenza assoluta di informazioni, seppure in una prassi ritenuta d’urgenza e salvavita -commenta Giulia V.- Uscita dall’ospedale sono corsa a informarmi su cosa fosse stato somministrato a mia figlia a mia insaputa, e ho scoperto che la profilassi prevede l’utilizzo di un farmaco vero e proprio, non di un semplice integratore vitaminico. Un farmaco che, come indicato sul bugiardino, può provocare effetti collaterali anche gravi: broncospasmo, cianosi, tachicardia, ipotensione, vampate, sudorazione eccessiva ecc. Asl e ospedali hanno avuto ben nove mesi di tempo per informarci correttamente sul protocollo K, senza doversi ridurre ai concitati minuti pre o post parto. Ho eseguito correttamente sia tutte le visite indicate dal libretto di gravidanza che quelle previste dalla presa in carico ospedaliera, e nessun ostetrica né ginecologo mi ha mai informata, neanche sapevo esistesse questo protocollo né quali rischi avrebbe corso mia figlia se non gli fosse stato somministrato. Ora scopro addirittura che avrei avuto diritto di scegliere sul tipo di somministrazione. Sono molto contrariata e assicuro che la cosa non finisce qui».
Se è vero che “sarebbe complicato scegliere quali temi debbano essere più meritevoli di una brochure di approfondimento tra i numerosissimi che riguardano l’assistenza della diade madre-bambina/o”, è pur vero che le neo mamme non hanno neanche trovato notizie online quando, avendo scoperto che ai propri figli era stata fatta una puntura alla nascita, hanno cercato informazioni sui rispettivi siti della Regione e delle varie realtà ospedaliere. «Al momento del parto del mio primogenito a Careggi non sapevo niente del protocollo -lamenta Carolina B., in cinta ora del secondo bimbo-. Successivamente ho cercato informazioni ma il motore di ricerca sul sito dell’ospedale dove ho partorito non ha prodotto risultati, come se la profilassi non esistesse proprio. Solo sul libretto pediatrico, sotto la voce “Profilassi, vitamina D, K e altro” ho trovato un cerchio. Nello spazio bianco sottostante, in cui presumibilmente dovrebbe essere indicato il nome del farmaco somministrato, la quantità e la modalità di somministrazione, non c’è scritto niente. Ma se mio figlio avesse manifestato una forma di allergia o una reazione avversa a uno dei componenti del farmaco, come avrei potuto fronteggiare la cosa senza neanche conoscere il nome della medicina e le sue componenti?»
Per quanto riguarda le reazioni avverse l’azienda ospedaliera di Careggi tranquillizza i neo genitori «Il Konakion® prima infanzia -unico farmaco utilizzato in Italia per la somministrazione intramuscolo della Vitamina K-, può determinare molto raramente (fino a 1 persona su 10.000) reazioni allergiche e irritazione locale nel punto di iniezione, ma si tratta di un effetto indesiderato poco probabile, dato lo scarso volume del liquido. Se somministrata correttamente, la vitamina K non danneggia il fegato. Sono riportati casi molto rari (fino a 1 persona su 10.000) limitati all’aumento della bilirubina nel sangue durante i primi giorni di vita, ma solo in seguito alla somministrazione di dosi eccessive, particolarmente nei neonati pretermine».
Seppur tranquillizzati dal punto di vista degli effetti indesiderati, i genitori restano interdetti. «Non ritengo corretto delegare ai corsi pre parto l’onere di informare i genitori riguardo a un protocollo così importante -commenta Ilaria N., madre di ben quattro figli, partoriti rispettivamente alla Margherita di Careggi, a Ponte a Niccheri e a Torregalli-. Non essendo obbligatorio, io non ho frequentato alcun corso pre parto, dunque non ho diritto a essere informata? Una profilassi ospedaliera dovrebbe essere spiegata correttamente dall’ospedale stesso. Ricapitolando -conclude Ilaria-: non esiste informazione cartacea preventiva disponibile nei consultori o negli ambulatori dove vengono effettuati i controlli di routine delle gestanti; non esiste alcuna informazione online su nessun sito ospedaliero della città, non esiste informazione durante i corsi pre parto pubblici. Credo che sia arrivato il momento di cambiare le cose e avere maggior rispetto per i neo genitori che hanno diritto di sapere, approfondire e scegliere. Un padre e una madre devono essere coinvolti in tutti gli interventi che riguardano la salute dei propri figli».
Ricordo bene il momento in cui, poco dopo la nascita di mia figlia, vidi il personale dell’ospedale infilarle un ago nella coscia senza dirmi niente. Ho dovuro chiedere informazioni, ma a quel punto la puntura era stata fatta. Se mi avessero permesso di scegliere avrei sicuramente preferito la somministrazione via os…