Ti fermi ed esci lentamente, mentre la neve ti copre le spalle. Una visione dedicata a Elsa Morante

Se ti fermi per un momento ti racconto cosa eravamo e cosa siamo diventati. Solo lunghe impercorribili scie, due, legati dal comune senso dell’ardore. Il tuo per me, il mio non so, non potevo saperlo finché non ti avrei perso. Adesso posso sapere cosa siamo stati.
Tu ben messo, io figlia di una maestrina e di un istitutore. Campavo per fortuna e spesso non avevo da mangiare, ma non sono mai scesa a compromessi, o forse sì e solo con me stessa, ma questo non lo potrei dire.
Potrei invece dire a cosa potesse somigliare quello che c’era tra me e te, tu principe azzurro, io come una giovinetta nell’attesa di accasarsi. Hai presente quelle inutili feste alle quali partecipi restando attaccata alle pareti, in mezzo alla confusione sei più solo che mai, sei da un’altra parte. Vedi non eravamo noi, nessuno di noi due poteva esserlo. Sebbene avessimo passato tante cose, quelle stesse forse, a poco a poco ci hanno diviso. So di aver provato per una vita intera a tirarti fuori da quel sotterraneo dove tanto ti piaceva crogiolarti, in quella noia in cui mi richiudevi fuori ed io restavo ferma ad ascoltare il suono di tutto il tuo silenzio. In devozione. Ma non tutto ciò che sembra è ciò che è.
Che cosa ci ha legati? Se posso dirlo e adesso ti stupisco, il freddo ci ha legati. Il freddo dei tuoi occhi contro i miei. Il freddo che ho cercato invano e poi tutta la vita, di farmi scivolare dalle spalle, e sempre mi ha abbracciata. Per quel freddo mi sposasti. Non negare, tu l’hai detto: “Troppo stanco per riaccompagnarla a casa in certe sere, sentivo di gelare…” È il gelo che si è steso tra noi due più di una notte, non era colpa tua, non c’è una colpa, si cerca tutti un po’ di fuoco per scaldarsi, nell’illusione che somigli a casa. Ma quante volte l’uomo mi ha delusa. Tu sai. Dormi uomo dall’iniziale dell’amore, lui si scalda al posto tuo, attraverso la cornetta del telefono in piena notte, fingi di dormire e non ti accorgi o forse sì, di tutti quegli spasimi perduti. Nell’ansimare amore che non c’è, che non gli posso dare e non saprei se mi riusciva dare.

E adesso che ti guardo, io vedo un’altra infondo agli occhi tuoi. Ma so che tra noi due non sarà mai finita veramente. Per strade lontanissime e deserte un pensiero pure uno solo, sarà per noi. Abbiamo fatto tante cose insieme, ricordi il buco che ci nascondeva in mezzo alle montagne per farci allontanare dalle bombe e anche da quelli che volevano il tuo scalpo? Ricordo i giorni inadeguati, in cui ti chiedi qual è davvero il posto tuo, e solo una è la risposta che vorresti, il posto mio sei tu. Il posto di ognuno dovrebbe essere l’altro, non è sempre così.

Ricordo anch’io talvolta e sai che cosa? Ricordo quel tuo scrivere incessante che tanto somigliava alla mia fame che insaziabile non ci riempiva mai. In quei momenti noi eravamo noi, e pur se scrivevamo cose opposte, tu coi piedi sempre a terra, io a volteggiare in mezzo a mille sogni, quel nostro tempo noi lo rivoltammo, e insieme ci perdemmo un po’ con lui. Dell’altro amore che volò nel cielo, che si spezzò sul grigio dell’asfalto, chissà cosa pensasti tempo dopo, forse soltanto che ero io che non sapevo stare a questo mondo, e chi mi stava accanto non poteva che soffrirne. C’è la neve adesso, lo squillo del telefono ti sveglia in piena notte, tu lavori. Ti dicono “è finita”.

Ti fermi ed esci lentamente, mentre la neve ti copre le spalle. Lo senti amore, che forse non ti ho mai chiamato amore, ma che ti ho amato questo posso dirlo, e tra le mani tue severe, mi sarei stretta con una stretta al cuore. Ho cercato di restare andando e me ne sono andata via sperando. Affondano i tuoi piedi nella neve, non sono qui,  non ci sarò più, ma resterò nel freddo che ti scalderà il cuore.
E dietro al feretro che andava, il destino scelse di omaggiarmi slacciando i fiori fermi dietro al carro, lasciando che volassero nell’aria.
Qualcuno si è lasciato andare al vento, qualcuno fermo al pavimento grigio resterà schiacciato tra le ruote, lo so ora li guardi quei petali disfatti e pensi un po’ alle cose cui tenevi, a quello che poteva essere che forse non è stato. Al nostro amore andato, che sai essere esistito anche se tante volte, troppe, ci è stato negato.

Stefania Castella

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