La volta in cui Bauman ci suggerì di invertire rotta e navigare a ritroso

Zygmunt Bauman, uno dei più grandi intellettuali che il Novecento è stato in grado di donarci. Ideatore delle nozioni di società e amore liquidi, ha spinto l’uomo a riflettere sulla necessità di guardare al passato per affrontare e analizzare con occhi diversi il futuro. Una riflessione racchiusa sotto un’unica e innovativa voce: retrotopia. Una parola stupenda che ci fa immergere in un’altra dimensione, quella della nostalgia per il passato.

Bauman attraverso un’indagine dalle sfaccettature socio-filosofiche dona alle nostre menti una riflessione retrotopica della società contemporanea partendo dalla visione catastrofica e pessimistica presentata da Thomas Hobbes nel ‘600. Ricollegandosi alla situazione drammatica resa nota dal filosofo britannico, Bauman sostiene che a causa dei nuovi mezzi di comunicazione tipici dell’età contemporanea, dei nuovi mass media e della conseguente e costante necessità di dimostrare all’altro il nostro pseudo benessere, l’essere umano venga indotto dalla società liquida a catapultarsi nello stadio più cruento in cui l’essere lupo per l’altro uomo diventa una condizione del tutto nella norma:

La sensazione che abbiamo è che il nostro mondo – il mondo in cui i legami umani si allentano – il mondo della deregolamentazione e atomizzazione delle strutture politiche, il mondo del divorzio fra potere e politica sia tornato a essere un teatro di guerra: di una guerra combattuta da tutti contro tutti.

Un’altra forma di nostalgia è data anche da quella che Bauman definisce “ritorno alle tribù“, sfatando del tutto la profezia dello Zaratustra di Nietzsche. Ma di cosa si tratta dunque? La tribù indica il ritorno alle tradizioni, ai costumi che hanno dato forma al nostro essere società, alla nostra anima popolare. Per quale motivo? L’uomo è spinto dal bisogno altrettanto imperioso di sentirsi parte di una società formata da individui con certe tradizioni.

Ma riuscirà l’uomo in questo intento? Il filosofo polacco supporta una tesi del tutto negativa, in quanto l’individuo, per propria natura, avverte la necessità e l’esigenza di isolarsi. La solitudine infatti viene percepita come un dato di fatto del nostro tempo: la separazione, l’isolamento, la solitudine e il distacco ti seguono in ogni sfera della vita. […] Eppure, basta guardarsi attorno per vedere tanta gente che ignora la presenza degli altri accanto a loro, non riesce a entrare in contatto con loro ed evita d’intavolare una semplice conversazione.

Di fronte a questo scenario apocalittico in cui l’apparire risulta più importante dell’essere, in cui la condizione dell’homo homini lupus è sempre più incalzante e la figura del Leviatano sempre più imperante, in cui la società tratta l’uomo solo ed esclusivamente come pedina di uno strano gioco economico, ma soprattutto di fronte a una frastagliata via per il futuro, il cammino a ritroso, verso il passato, potrebbe trasformarsi in una vera e propria ancora di salvezza:

La retrotopia è spronata dalla speranza di riconciliare finalmente la sicurezza con la libertà.

Maria Giusi Scrofana

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