Tiziana Grassi: restauratrice dell’impalpabile

Proprio di fronte al vicolo dei Panettieri, si apre il paradiso dell’oggetto articolato: l’Ospedale delle bambole, da quelle d’epoca a quelle moderne, parlanti e camminanti, un ospedale dove la stratificata e densa polvere non rischia l’asetticità. Alto, magro, con mani eleganti da chirurgo, con volto affusolato ove domina un aristocratico naso ben degno della migliore ritrattistica settecentesca, con voce calma, suadente, come un arabesco, con controllato gestire e con “alliccati abiti”, Luigino, il titolare di questo negozio, si presenta come un artigiano sui generis, poiché astraendosi un poco, lo potresti immaginare vestito da “abbè” alla ricerca di oggetti rari tra l’assurda indescrivibile confusione di quelli che sovrappongono la bottega…
(Gennaro Borrelli, Napoli stagione dell’anima, 1976).

È nota la storia dell’Ospedale delle Bambole, che nasce nel 1899 da una trovata geniale del bisnonno di Tiziana Grassi. Tiziana rappresenta la quarta generazione, dopo il bisnonno, nonno e papà Luigino. Oggi “primaria” di un ospedale molto speciale.

Tiziana, presentati.

Quando ero bambina e mi chiedevano: “il tuo papà che lavoro fa?”, io rispondevo: “cura le bambole!” Nessuno mi credeva, pensavano tutti che era una mia invenzione. E allora volevo capire, per spiegare bene agli altri hin cosa consisteva l’attività di mio padre, ma era complicato e così per capire gli sono rimasta a fianco per vent’anni! Non erano le competenze tecniche difficili da apprendere, ma il senso del recupero affettivo da poter restituire. I vent’anni di affiancamento mi sono serviti tutti per entrare nella giusta dimensione di questo lavoro. Una volta rimasta sola a dirigere l’attività di mio padre, ero pronta perché ne avevo appreso il senso. Oggi posso agire autonomamente e programmare il futuro dell’attività sicura di non tradire le idee di mio padre.

È stata la tua, e lo è ancora, un’attività controcorrente, in quanto è contro la cultura consumistica del “ricomprare è meglio che riparare”. Hai notato un incremento della richiesta del tuo intervento in questi nostri momenti di crisi?

No, nessun incremento. Ormai inconsapevolmente o consapevolmente siamo guidati dalla pubblicità. Le nostre scelte e quelle dei nostri figli sono condizionate. Quando si va in una giocattoleria, si sceglie automaticamente la bambola più pubblicizzata. Poi, cambiata la pubblicità, la bambola vecchia si getta e se ne compra un’altra. La bambola ha quindi perso di dignità! Nessuna scelta emotiva, nessun momento speciale accompagna l’acquisto. Una volta, tre erano le occasioni nella vita di una donna per ricevere una bambola: per il gioco da bambina; per il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e per il fidanzamento. Infatti le bambole rappresentavano le compagne per il gioco, le confidenti dei disagi della crescita e le complici del primo amore. Dalle bambole non ci si separava mai. Nel periodo della guerra quando bisognava lasciare la propria casa per via delle incursioni aeree, il primo pensiero di una bambina era quello di portarsi dietro la propria bambola!

Il rapporto con le bambole. Cosa è per te la bellezza delle bambole? La bellezza di una bambola al di là del suo aspetto esteriore, dei suoi abiti, è quello che riesce a trasmettere, che dipende dal carico affettivo che ha ricevuto. È come se ogni bambola avesse qualcosa da raccontare. Peppe Esposito, docente di Arte della Stampa presso l’ “ISIS Boccioni Palizzi” di Napoli, ha esposto in molte mostre nazionali ed internazionali fotografie di bambole, cercando di cogliere nel loro sguardo “il perturbante freudiano” inteso come qualcosa che genera angoscia.

Hai mai colto “il perturbante” nello sguardo delle bambole e per te cos’è?

Si prova angoscia per qualcosa che non si conosce, per me le bambole non hanno segreti, le apro, le seziono fino a toccarne l’anima. Sono consapevole che una bambola rotta può rappresentare un disagio emotivo per chi la possiede e ne prova affetto.

Quindi, tu sei una restauratrice di anime?

Una volta così mi è stato detto… Quando arriva da me una persona con una bambola malconcia, recuperata chissà dove, ma che rappresenta per quella persona un oggetto carico di emozioni e sentimenti, per prima cosa da “buon medico” faccio l’anamnesi del paziente che viene condotto nel reparto più idoneo. Con le notizie raccolte provo poi a restaurare quell’oggetto non solo nell’aspetto, ma anche nell’anima. Per me il momento più bello è quello della “dimissione”, quando cioè restituisco all’incredulo proprietario il suo oggetto e ne percepisco la sorpresa e la gioia.

So che hai un sogno, quello di recuperare e diffondere la cultura del gioco. Come pensi si potrebbe organizzare?

Ho già cominciato a sperimentare il gioco del dottore nel mio Bambolatorio. Ospito fino a quattro bambine alle quali fornisco cappellino e camice da dottore, le conduco in una corsia con quattro lettini e lì ciascuna bambina può ricoverare e prendersi cura del proprio paziente. Ed ecco la sorpresa: per circa un’ora le piccole entrano in una dimensione fatta di tante sfumature: fantasia, creatività, iniziativa, professionalità… una vera libera sperimentazione. Mi piacerebbe avere più spazio per poter regalare ai bambini tante esperienze di gioco libero.


Infatti piuttosto recentemente, l’Ospedale delle Bambole non si trova più di fronte al Vicolo Panettieri ma, in via San Biagio dei Librai e precisamente nel cortile di Palazzo Marigliano, in quella che in passato era una scuderia, c’è un piccolo mondo incantato e non convenzionale, composto da un Museo, un Bambolatorio e un Ospedale. Con l’incremento del turismo in città, il vecchio spazio di appena 18mq, era impraticabile. Tiziana aveva bisogno di estensione, di trasformazione da bottega stratificata nel tempo ad un Museo che rappresenta il suo prolungamento, il mood è rimasto lo stesso con l’aggiunta di una   scenografia artigianale emozionale: una vera e propria Wunderkammer napoletana. Nel Museo la continuità tra passato e presente è ben evidente, una vera testimonianza di costume e società napoletana da oltre un secolo. Un luogo visitabile da persone di tutte le età, dove è privilegiato il gioco dei bambini, ma a tutti viene regalata una vera e propria esperienza dagli esiti soggettivi. Le impressioni vengono raccolte nei tanti libri delle dediche, lasciate a disposizione di chi vuole lasciare un pensiero.
La Grassi ha puntato sul restauro di giocattoli, bambole, pelouche e statue sacre, il loro vero valore è dato dall’amore riposto nell’oggetto stesso. Ogni giorno, grazie ad Internet, si sviluppano nuovi rapporti, e oggi Tiziana può lavorare con tutto il mondo, anche perché è stata segnalata alla Foundation Michelangelo che mira a preservare il prezioso saper fare degli artigiani. Si tratta di un autentico movimento culturale internazionale che promuove i valori dei mestieri d’arte e della creatività e lei è rintracciabile nella congiunta Guida Homo Faber.

Laura Bufano

2 pensieri riguardo “Tiziana Grassi: restauratrice dell’impalpabile

  1. Complimenti per l’articolo a Laura Bufano che oltretutto ha risvegliato cari ricordi. Quando bambina, mia zia portava le bambole mal ridotte delle nipoti all’ospedale delle bambole di Napoli.

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