Incompresi, fraintesi, demonizzati e rifiutati. La Storia è ricca di esempi di personaggi, di scrittori, di filosofi che, nel corso degli anni, hanno dovuto combattere con i pregiudizi del popolo, ma anche dei cosiddetti “uomini colti”. Un classico esempio è proprio quello di Epicuro e della dottrina epicurea che è stata spesso associata alla ricerca smodata del piacere dei sensi, nell’accezione più becera e triviale, come se si trattasse di persone dedite a gozzovigliare, a mangiare e a bere in modo eccessivo, oppure dediti a sfrenati piaceri carnali.
Tutto il contrario, visto che Epicuro era più interessato ai piaceri mentali che a quelli fisici e forse, per essere più precisi, più interessato a evitare il dolore che a perseguire direttamente il piacere.
La vita umana ideale mirava al conseguimento di uno stato libero da qualsiasi sofferenza mentale, che lui chiamava “Atarassìa”, cioè “assenza di turbamento”, “tranquillità”. Questa pace interiore, diciamo così, si ottiene con una vita moderata, basata su piaceri semplici. Secondo Epicuro, possiamo procurarci facilmente ciò di cui abbiamo bisogno, ossia il cibo, un abito, un tetto sopra la testa. Tutto il resto, tutti i piaceri non naturali e superflui, sono qualcosa in più, che sicuramente ci aiutano a vivere meglio, ma di cui possiamo fare tranquillamente a meno. Una volta che ci rendiamo conto di questo, le tante preoccupazioni che ogni giorno ci assillano semplicemente si dissolvono.
Quanto ha ancora da insegnare Epicuro agli uomini e alle donne di oggi? Molto.
Siamo nell’epoca dell’ansia dilagante, dei crescenti consumi materiali, e approfondire queste antiche dottrine ci induce a riconsiderare quanto poco ci occorra veramente per vivere bene e per essere felici. Scolleghiamoci un attimo dai social, dai like, dalla ricerca del successo a tutti i costi e cerchiamo di attribuire il giusto valore alle cose, alla vita stessa, che ci scorre davanti ma, spesso, non ce ne accorgiamo neppure, visto che siamo sempre piegati sui nostri smartphone.
Luciano De Crescenzo, recentemente scomparso, ha contribuito molto a divulgare, in modo simpatico e ironico, tanti aspetti dell’antica dottrina epicurea, attraverso libri e film. Alcuni libri proprio dedicati alla filosofia, in particolare quella antica, ripulita dai troppi aspetti teorici e calata direttamente nella realtà. Altri, come Così parlò Bellavista, riprendono quelli stessi concetti celandoli, solo in parte, nella trama del romanzo. Proprio questo libro, da cui è stato tratto anche un film, merita un approfondimento. Protagonista è il prof. Gennaro Bellavista, partenopeo purosangue, intellettuale sui generis, una sorta di piccolo Socrate che accompagna tanti allievi improvvisati lungo la via della conoscenza.
Per tornare però all’argomento da cui siamo partiti, ossia Epicuro, Bellavista-de Crescenzo ci aiuta a comprendere bene il suo pensiero che, come detto all’inizio, è piuttosto utile anche all’uomo di oggi.
C’è crisi economica? C’è inflazione? Il dialogo tra Bellavista, Saverio e Salvatore ci dà la versione del filosofo:
Epicuro un giorno disse: “Se vuoi arricchire Pitocle, invece di aumentarne le rendite sfrondane i desideri!”
E che voleva dire professo’?
Voleva dire che se fossimo tutti un poco più modesti nelle nostre pretese non avremmo nessuna crisi economica.
Poco oltre, De Crescenzo aggiunge che, a suo dire, i napoletani devono parte delle loro caratteristiche proprio ad Epicuro. Tra i suoi seguaci vi fu, infatti, Filodemo di Gadara che, trasferitosi vicino a Napoli, a Ercolano per la precisione, insegnava al popolo napoletano la classificazione dei piaceri e il disprezzo per la ricerca del potere.
Dunque i piaceri primari, quelli cioè naturali e necessari, sono il mangiare, il bere, il dormire e l’amicizia.
Un altro aspetto interessante della dottrina epicurea è legato al disprezzo del potere. La ricerca del potere, sia esso politico o economico, non è né naturale, né necessaria, e espone la persona alla competizione, allo stress diremmo oggi, perché richiede un impegno continuo, non avere tempo per gli amici, per la famiglia, per sé stessi. E il tempo, dovremmo rendercene conto, è la cosa più preziosa che abbiamo.
Nessun potente può permettersi il lusso di passeggiare la notte con un amico, e questo per ben due motivi: primo perché non ne avrebbe il tempo e secondo perché forse non ha nemmeno un amico con cui parlare.
Molti trovano analogie nelle dottrine zen e in altre discipline orientali. Lo riconosce lo stesso Bellavista, come sempre incalzato dai suoi “allievi”:
Epicuro, il grande Epicuro, l’apostolo del giusto impegno diceva che la prima virtù era la temperanza, la misura!
Se non sbaglio, giorni fa lei ci diceva che anche nella filosofia cinese si professava questa teoria del giusto mezzo.
Non solo nella filosofia cinese, ma anche in quella indiana e nella stessa filosofia greca da altri grandi pensatori.
Credo che sia, senza alcun dubbio, un autore da approfondire e da studiare un po’ meglio, anche nelle scuole. Ci dà, per concludere, un ulteriore insegnamento da non dimenticare. Non facciamoci trascinare dai pre-giudizi, cioè da quello che pensiamo di sapere già sulle cose. Epicuro = ricerca del piacere. Sì, è così, ma magari non nel senso che pensiamo. Andiamo a rileggere e ad approfondire. Non è mai un errore. Ci sentiremo arricchiti. Se poi volete farlo attraverso i libri di De Crescenzo avrete modo anche di divertirvi e di sfatare così un altro mito, cioè quello che lo studio o la filosofia siano noiosi.