Quando mi innamorai della luna, leggendo il visionario romanzo capolavoro di Tom Spanbauer

di Alex Marcolla

Vi siete mai innamorati della Luna? A me è capitato undici anni fa. Mi trovavo davanti a quello che si usa chiamare un bivio e dopo anni in cui avevo congelato la mia vita nutrendola solo di timori insensati e mancate scelte, decisi che era giunto il momento di cacciare via quel che mi paralizzava. Accadde tutto rapidamente: ero innamorato di una persona che non poteva ricambiare i miei sentimenti, una persona prigioniera di tali incubi personali da arrecare a se stesso e a chi gli stava attorno un meschino male gratuito. Un mattino, dopo una lunga notte trascorsa in lacrime, mi risvegliai con delle bruciature di sigaretta sull’avambraccio sinistro. Oltre al pianto, avevo bevuto così tanto da non accorgermi che in un accesso di rabbia incontrollata mi ero spento una dopo l’altra quattro sigarette addosso. Capii di aver toccato il fondo. Poco dopo, la donna della mia famiglia che avevo amato di più morì dopo un mese di incoscienza nel letto di una casa di cura, lasciandomi dentro un vuoto che mi parve allora incolmabile. Tutto sembrava finito per me. Ancora non sapevo che mi stavo sbagliando. Vivevo allora a Bologna, città nella quale ero arrivato per studiare seguendo le orme di Tondelli e Pazienza, miei idoli di ragazzo,  alla metà degli anni ’90 e nella quale mi ero fermato per lavorare come libraio. Malgrado amassi i suoi portici e i colli che la circondavano, la sua frenesia culturale e il suo forte spirito libertario, non riuscivo a sentirmi a casa a Bologna e solo in seguito ho compreso che questo senso di estraneità era il frutto ingenuo dettato dalla convinzione che fossero i luoghi a doverti accogliere, quando in realtà casa è là dove sono le persone che ami. E quando conobbi per caso una ragazza che cercava un coinquilino con cui dividere le spese di un grande appartamento non troppo distante dalla libreria per cui lavoravo, compresi cosa significasse in verità sentirsi a casa. La ragazza lavorava nel mondo delle graphic novels. Mi trasferii da lei e la mia Fumettista – come mi piace ripensarla ancora oggi dopo tutti questi anni – mi accolse, curò le mie ferite, mi fece ritrovare l’amore per me stesso, mi donò di nuovo la capacità di amare gli altri. Casa nostra divenne ben presto la meta di assidui pellegrinaggi per artisti e personaggi di ogni sorta. Amici, complici e amanti si susseguivano in un ménage familiare dai legami intensissimi e profondi e io per la prima volta da quando avevo lasciato la casa dei miei genitori, mi sentivo a casa grazie a Sara, la mia Fumettista, e grazie a un libro scovato in apparenza per caso che riassumeva tutta la gioia, l’amore e la libertà che respiravo in quei giorni. Come uno dei personaggi di quel libro ipnotico avevo alzato gli occhi alla Luna e me ne ero follemente innamorato. Per questo ancora oggi quel libro e il suo autore mi sono cari come pochi. Mi riferisco a The Man Who Fell in Love with the Moon di Tom Spanbauer.

Pressoché sconosciuto a un vasto pubblico ma lungi dall’essere un recluso in odore di santità letteraria, Tom Spanbauer appartiene a quella ristretta cerchia di artisti che ha lavorato su più fronti senza ostinarsi a cercare una effimera popolarità da personaggio alla moda. Nato in Idaho nel 1946, cresciuto in un ambiente rurale fatto di duro lavoro quotidiano, dopo una prima laurea conseguita sul finire degli anni ’60, Spanbauer è partito per il Kenya come volontario dell’organizzazione dei Peace Corps. Fu al rientro da quella esperienza che maturò l’idea di dedicarsi alla scrittura. Stabilitosi a New York, Tom Spanbauer si iscrisse alla Columbia University e alternando lo studio con una miriade di lavori precari, riuscì a conseguire una seconda laurea e a far pubblicare un primo sorprendente romanzo breve. Erano gli anni ’80 del successo a ogni costo e del rampantismo spietato che tanti nostalgici rimpiangono ancora oggi, gli anni del vuoto ben nascosto dai lustrini e delle condanne moralistiche alla morte in solitudine che colpiva chi era affetto da Aids. Per Spanbauer furono anche gli anni della fragilità sopraffatta dalle dipendenze da alcol e droghe mentre trascorreva lunghe notti nella metropolitana di New York per ripararsi dal gelo degli inverni cittadini. E fu questo il periodo in cui germinò l’ispirazione che lo avrebbe portato nel giro di poco tempo a scrivere la sua opera più felice e compiuta. Ultimata la stesura di The Man Who Fell in Love with the Moon, lo consegnò al piccolo editore con il quale aveva esordito e dopo un breve ritorno nella sua terra natia, si trasferì a Portland nell’Oregon dove tuttora risiede. Il suo romanzo venne pubblicato nel 1991, il decennio precedente sembrava acqua passata e malgrado gli strascichi e i problemi a oggi irrisolti che lasciava, gli anni che seguirono cominciarono a far pensare a modi nuovi di vivere senza azzannarsi gli uni con gli altri in nome del denaro.
Il libro di Tom Spanbauer si calava alla perfezione in questo nuovo contesto culturale e in breve tempo diventò oggetto di un autentico culto che permane ancora.

Il suo autore invece, forse complice la sua educazione rurale o solo per via di una vita condotta cercando un senso più autentico e più vicino alla natura umana, non prestò mai molta attenzione a chi lo venerava come un maestro della scrittura. Dopo aver pubblicato pochi altri libri, Tom Spanbauer ha aperto nello scantinato della sua abitazione a Portland un laboratorio di scrittura creativa dal quale sono passati nomi poi destinati a far parlare molto di sé, su tutti Chuck Palahniuk. E ancora oggi l’insegnamento occupa gran parte delle giornate di questo talentuoso signore di settantasei anni.

Ambientato sul finire del Diciannovesimo secolo a Excellent, una immaginaria cittadina dell’Idaho, The Man Who Fell in Love with the Moon racconta la storia di Shed, un giovanissimo mezzosangue alla ricerca di se stesso e di un posto nel mondo da chiamare casa. Rimasto solo da bambino dopo aver assistito al brutale omicidio della madre, Shed viene accolto nella casa di Ida Richelieu. Personalità magnetica, al contempo capo politico di Excellent e proprietaria dell’Indian Head Hotel, un albergo – bordello punto nevralgico della vita della cittadina, Ida è una prostituta dal fortissimo sentimento materno capace di accogliere il protagonista del romanzo e guidarlo verso la piena comprensione della propria identità razziale e sessuale. Nella casa della sua nuova madre, uno Shed adolescente irrequieto si innamorerà di Alma Hatch, ex venditrice di Bibbie ora prostituta al servizio di Ida e poi abbandonerà Excellent iniziando un lungo vagabondaggio attraverso gli Stati Uniti fatto di peripezie di ogni risma in una feroce terra di frontiera. L’incontro con lo strampalato Dellwood Barker, cowboy filosofo innamorato della Luna, e la passione che i due proveranno l’uno per l’altro, faranno capire a Shed che casa è in verità il luogo che ha lasciato e che Ida e Alma assieme a Delwood sono la famiglia che ha da sempre desiderato. Il ritorno a Excellent vedrà alla fine Shed riunito sotto lo stesso tetto con le due donne e con il bizzarro cowboy che continuerà a offrire parole d’amore alla Luna.

Mi sono interrogato spesso su cosa sarebbe accaduto se avessi scoperto Spanbauer negli anni in cui era stato pubblicato in origine. Ho già scritto sull’ultimo decennio del secolo scorso e ho già detto quanto la creatività di quel periodo mi abbia formato come persona. Il romanzo di Spanbauer è inscindibile con tutta la bellezza che fioriva attorno a me quando avevo vent’anni e non posso non tornare alle immagini dei film di Gus Van Sant ripensando alle pagine di The Man Who Fell in Love with the Moon. Le bizzarrie e gli estri visionari, il liberatorio talento espressivo e una ricerca mai fine a se stessa che hanno caratterizzato l’opera di quello che ancora considero uno dei più geniali cineasti degli ultimi quattro decenni si ritrovano in pieno non solo in questo che è il romanzo più celebre di Spanbauer, ma anche nella manciata di libri che l’autore americano ha pubblicato fin qui. Non so se i due si siano mai incontrati, certo a me viene spontaneo leggere Spanbauer avendo negli occhi le immagini di Van Sant e viceversa. Adottando una scarnificata voce in prima persona, Tom Spanbauer racconta l’itinerario dal buio alla luce e dall’ignoranza alla comprensione del giovane Shed mettendo in pratica quella che lo scrittore più volte ha chiamato “dangerous writing”: una scrittura pericolosa in quanto portata a far emergere dal corpo stesso di chi scrive quelle verità dolorose e negate per giungere a una cristallina espressione della propria voce d’artista. Superare la paura della verità su se stessi non equivale a elaborare pagine di brutale e cinico realismo, al contrario significa intraprendere un arduo e solitario percorso verso quella verità per mezzo di immagini che per quanto in apparenza assurde o grottesche, coincidono però con il più autentico “Io” di chi ambisce a scrivere. Alla luce di questo cammino, consapevole di ciò che ho appreso sulla vita di Tom Spanbauer, ho avvertito come The Man Who Fell in Love with the Moon sia nella sua magia sognatrice l’autore stesso che cerca tramite la voce del suo personaggio un posto da chiamare casa per entrambi. Grazie a questo, molto tempo fa leggendo questo libro ho potuto sovrapporre il mio itinerario con quello di Tom Spanbauer e del suo Shed, trovando anch’io un posto che ho potuto chiamare casa. E quando, dopo anni di intensa felicità, quel posto chiamato casa mi è venuto a mancare, avevo ormai fatte mie in pieno le parole di Shed uscite dalla penna di Spanbauer:

Looking for who I am is who I am.

3 pensieri riguardo “Quando mi innamorai della luna, leggendo il visionario romanzo capolavoro di Tom Spanbauer

  1. Caro Alex,
    la mia gioia nel leggere il tuo articolo!
    Il mio amore per questo scrittore è tale per cui ho letto e riletto i suoi pochi romanzi, quasi fossi in cerca di un nuovo successivo altro romanzo che non arriva mai.
    Spero di riuscire a fare presto uno spazio di tempo per leggere il tuo blog approfondendolo.
    E mi dilungherò.
    Grazie che esisti!
    Titti

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