Alcune voci distanti avevano superato la porta sbarrata, e quella parola era giunta fino a lui. Ricordò l’erba verde, splendente, di un parco pubblico. Era un mattino d’ottobre, il caldo inconsueto prolungava il clima estivo nella sua Sicilia orientale. Forse qualcosa di Gorgia gli era rimasto appiccicato addosso. Ancora le cicale facevano da colonna sonora, con la dissonanza del passaggio di un trattore tra i pini. Lui beveva una birra a un tavolo di legno. Guardava l’erba scintillante al sole, piegata dalla brezza. E ascoltava le cicale. Ed era lì, adesso. Chiuso. Gli venne un sorriso. Uno di quei sorrisi amari, da romanzetto. Guardò una parete, la solita che osservava per ore. Forse era la sua preferita, le altre sembravano non esistere.
Lui era lì da un giorno e mezzo. Un tempo infinito. E chissà poi se gli sarebbe toccato per sorte altro tempo infinito, non più in solitudine come ora. Due anni, tre anni? Che la sua sventura finisse da lì a qualche mese, da trascorrere poi con un gruppo di persone, era improbabile. Quella degli altri, invece, forse sarebbe terminata nel giro di poche settimane. Così si diceva. A fine marzo. Oppure, nel peggiore dei casi, ad aprile.
Le voci e i rumori gli giungevano amplificati e lontani. Dagli spazi più larghi, chiusi e affollati allo spazio minuscolo, chiuso, sporco e solitario. Il cielo era azzurro e trasparente, gli veniva voglia di tuffarsi lì dentro, di testa. Non si sarebbe fatto male. Se si fosse tuffato di testa contro la sua parete preferita si sarebbe fatto molto male. Avrebbe potuto provocarsi persino la morte. Che pensiero.
Una novità. Mai accaduta una cosa del genere. Che cosa terribile. Un altro sorriso amaro, questa volta addolcito da un ghigno sonoro, gli fece muovere il viso. Una buona ginnastica. Nelle ultime ore il suo viso sembrava paralizzato, indurito. Una nuvola in cielo. Una scoreggia di qualcuno, una risata sguaiata e una parola greve di misteriosa tenerezza di qualcun altro. Stavano cucinando. Un profumo di bollito gli riempì il naso, la bocca e lo stomaco. Tra poco sarebbe giunta la cena. Da solo. In regime di isolamento, e in carcere, nessuno aveva mai saputo, negli anni e nell’enorme tempo, di essere pure in una condizione aspra e beffarda. Oltre le grate della finestra a bocca di lupo l’azzurro divenne cobalto.