A Marco, mio padre
Un giorno molto lontano da ora i miei occhi si posarono su queste parole: Illness is the night-side of life. Fu prima che la notte piombasse su mio padre, vale a dire prima che una malattia rarissima per la quale ancora oggi non esiste cura troncasse una vita fatta di dedizione, impegno, amore e curiosità. Strano, ma nei quattro anni difficili in cui tutta la famiglia si strinse attorno a lui, non pensai mai alle parole scritte da Susan Sontag in apertura di uno dei suoi saggi più lucidi. Susan Sontag è ancora oggi ai miei occhi una pensatrice imprescindibile e ben conoscendo la sua biografia oltre alla sua opera, sapevo che il suo Illness as Metaphor pubblicato nel 1978 benché privo di motivi strettamente autobiografici, era il risultato di una strenua battaglia contro il cancro che aveva colpito la scrittrice americana poco più che quarantenne. Forse non pensai alle parole della Sontag perché il responso dei medici sulla situazione di mio padre era stato così chiaro da farmi comprendere che avrei attraversato come un insonne quella notte che ci attendeva fino al giorno della sua morte. La lotta era persa in partenza, occorreva indugiare. Sarebbe giunto un nuovo giorno e mi avrebbe tolto la persona a cui dovevo la parte migliore di me, la mia curiosità soprattutto, la mia libertà di conseguenza. Forse non pensai alle parole della Sontag perché a occupare il tempo che restava a mio padre – e che desideravo fosse il migliore possibile – intervennero le parole di un altro libro che avevo scoperto durante uno dei miei soliti vagabondaggi per librerie, un libro che parlava di malattia e di come i racconti possiedano il dono divino di scongiurare la sofferenza e rendere lieve anche il nostro cammino nel lato notturno della vita. Fu con le pagine di quest’altro libro che trascorsi il tempo che restava al fianco di mio padre facendo ciò che lui mi aveva insegnato fin da bambino, ciò che una volta adulto ho continuato a fare e non solo accanto a lui: amare le storie, gioire dei racconti, sorprendersi davanti ai dettagli di una trama ben fatta, a prescindere che si trattasse di libri, canzoni, film o dipinti. Furono quattro anni di narrazioni reciproche, poi la notte finì e il nuovo giorno mi portò il vuoto. Ma mi accorsi presto che quel vuoto era solo l’assenza fisica di mio padre. Le storie erano rimaste. Avremmo continuato a raccontarle, a gioirne. Senza sentirci soli, lui e io. Anche separati dalla morte. Se ritorno con la memoria a quegli anni terribili, eppure inaspettatamente generosi di vita, non posso esimermi dal ripensare alle pagine di quel libro che mi ha accompagnato in quel cammino insegnandomi che narrare e accogliere sono nella sostanza sinonimi. E avendo accolto per via delle storie il lato notturno della vita, non posso che ringraziare Robert Dessaix e il suo Night Letters.
Quel che colpisce di primo acchito della biografia di Robert Dessaix è che sembra uscita dalle pagine di un romanzo di altri tempi. Nato a Sidney nel 1944, Dessaix venne adottato molto presto da una coppia di mezza età. Il signor Robert Jones era un marinaio, sua moglie Jean una casalinga e con il cognome Jones, Robert vivrà la prima parte della sua vita. La giovinezza di Robert Dessaix segue binari consolidati, un diploma e una laurea conseguiti nel suo paese, fino al precoce matrimonio che nel 1970 sembrò assestare in via definitiva una esistenza fatta di studio e lavoro universitario. Lettore acuto, meticoloso conoscitore delle letterature di ogni paese e in particolare della cultura russa, riuscì a ottenere subito dopo le nozze una borsa di studio presso l’Università statale di Mosca, specializzandosi nella traduzione di libri russi in inglese. Gli anni trascorsi nell’allora Unione Sovietica furono però significativi anche per ragioni personali. Benché avesse passato una infanzia e una adolescenza felici accanto ai coniugi Jones, Robert non riusciva a non chiedersi chi fossero i suoi genitori naturali e al contempo, la vita solitaria all’estero di quegli anni gli diede modo di fare i conti con la propria omosessualità, che con un matrimonio certo basato sull’affetto ma in sostanza frettoloso, Robert aveva tentato di celare a se stesso prima ancora che agli altri. Una volta rientrato in patria e dopo aver conseguito una cattedra in Lingua e letteratura russa, andò alla ricerca delle proprie radici e riprese il suo cognome di nascita, ridiventando Robert Dessaix. Ritrovò la madre naturale Yvonne, ebbe finalmente le risposte agli interrogativi sui quali rimuginava da anni e saputo dalla donna che suo padre era perito in un incidente aereo poco dopo la fine della guerra, Robert decise che a quelle risposte avrebbe dedicato un libro. Pubblicato nel 1994 e accolto con grande attenzione, A Mother’s Disgrace non era il frutto distaccato di un pensatore accademico né tanto meno una brutale resa dei conti scritta da un uomo che sentiva di detenere crediti non riscossi con la vita. Al contrario, si trattava di un genuino inno all’arte del raccontare e senza infingimenti o acrimonie Dessaix accolse le molteplici storie di cui si era nutrita la sua esistenza per raccontarla come un consumato romanziere.
E tutto trovò in quel primo libro il suo autentico posto: dalle vite dei quattro genitori alle letture che l’avevano portato alla scoperta di sé, dal matrimonio conclusosi nell’amicizia dopo dodici anni ai numerosi viaggi successivi attorno al mondo, sempre con l’orecchio vigile e l’occhio attento, entrambi questi sensi pronti a captare nuove storie da raccontare fondendole con le numerose pagine lette o ancora da leggere. Il risultato sublime di questa pesca coincise con la stesura del suo primo romanzo, il prodigioso Night Letters. Punto di partenza per la scrittura del libro fu tuttavia l’incontro di Robert con il lato notturno dell’esistenza, quello con cui tramite una immagine estremamente potente Susan Sontag alludeva alla malattia. Arrivò una diagnosi che in quel momento equivaleva a una condanna inappellabile. Robert era positivo al virus dell’Hiv. Si gettò a capofitto nella stesura del romanzo, impiegò le cronache che aveva accumulato negli ultimi frequenti vagabondaggi e raccontò con una straordinaria apertura all’immaginazione la sua malattia mescolandola con quelle storie, mostrando che il lato notturno della vita poteva essere tanto fecondo quanto quello diurno. Night Letters uscì nel 1996 tra lo stupore e l’ammirazione generali. Robert Dessaix continuò a scrivere, a pubblicare libri e a viaggiare. Vive tuttora in Australia.
Come ben espresso dal titolo, Night Letters è un romanzo epistolare e mai forma fu più felice per esercitare l’arte divina di chi ha ricevuto il dono del narratore. Protagonista del romanzo è un giornalista, del suo nome conosciamo solo la prima lettera. Possiamo quindi considerare R. un evidente alterego di Dessaix. Come lui sempre in viaggio per lavoro, curioso di tutto quel che incontra sulla propria strada e finissimo seduttore alla maniera dei gentiluomini del passato, malgrado un compagno stabile che l’attende a ogni ritorno a casa. A interrompere questa vita immersa tra peregrinazioni, cultura e agiatezze sarà un medico cinese, portatore di un annuncio di sventura: R. è sieropositivo. All’improvviso la luce lo abbandona e saranno le tenebre a prenderne il posto. Dopo un iniziale smarrimento, il protagonista si risolverà a fare esperienza dell’oscurità e ben sapendo che i racconti migliori germogliano nelle silenziose ore notturne, assumerà il ruolo di un moderno cantastorie. Lasciata la sua terra di origine, partirà alla volta dell’Europa e muovendosi senza sosta si impegnerà a scrivere a un amico australiano venti lettere nelle quali, come in una versione moderna delle Mille e una notte, la finzione possa celebrare la vita e scongiurare la morte. Attraverso digressioni continue e con una ammaliante capacità di affabulazione, si susseguiranno nel corso delle pagine gli incontri con personaggi reali e immaginari, i tuffi nel passato si alterneranno a visioni oniriche del presente e mediante un emozionato approdo alla Commedia dantesca, R. riuscirà a esorcizzare gli spettri della malattia e della perdita, invitando anche i più scettici a fare tesoro della cupezza di quelle notti che arrivano all’improvviso e paiono non riservare nulla di buono.
Attraverso un sapiente uso dei più diversi mezzi espressivi, ciascuna delle venti lettere che compongono il romanzo si affida ai generi più svariati per regalare al lettore di queste pagine il massimo del godimento possibile. Ecco dunque saggi dotati di melanconica ironia cedere il passo a brillanti resoconti di viaggio, movimentati feuilleton d’avventura andare a braccetto con delicatissime storie di seduzione e personaggi di ogni provenienza interagire con un narratore di volta in volta abbagliato da nobildonne veneziane e baronesse francesi scomparse da secoli o da scrittori contemporanei come Patricia Highsmith e Salman Rushdie, fino agli incontri memorabili con Giacomo Casanova e Dante. E facendo propria l’arte magistrale che fu di suoi pari come Calvino e Karen Blixen, Robert Dessaix ha mostrato una volta di più che gli esseri umani sono al mondo per raccontare storie, spetta a loro fare buon uso di questo dono magnifico e terribile a un tempo. Grazie alle pagine di Dessaix, io ho potuto comprendere la necessità insopprimibile di una simile vocazione e ho saldato in via definitiva la mia vita e quella di mio padre. Perché, condividendo le parole di Robert Dessaix, questa nostra esistenza altro non è che un continuo raccontare storie per creare noi stessi accanto agli altri.
Alex Marcolla
foto: Édouard Boubat
Grazie per queste bellissime parole😊
È fecondissima questa tua continua fusione di vita e di lettura Alex, risveglia echi e muove sensazioni e produce nuovo pensiero anche nel tuo lettore, creando una sorta di salvifico ipermondo