C’era una dittatura che da tempo opprimeva l’intero paese. Questo Richard lo sapeva bene, in fondo era nato in Argentina. Tuttavia, se anche avesse abbandonato l’attitudine a osservare come quasi tutti quelli che lo circondavano, compresa sua madre, Richard avrebbe notato che quello in cui viveva non era un paese libero per via di quei rumorosi silenzi notturni che rendevano Buenos Aires una città spettrale. Lo stesso Richard restava sovente in silenzio. Occupava con la madre un grande appartamento di un quartiere benestante della capitale. Suo padre, il signor Garay, non faceva più parte della sua vita da parecchio. L’ascendenza britannica della madre gli aveva garantito un buon grado di sicurezza e un certo numero di privilegi. Eppure, non era un uomo felice. Si nascondeva agli occhi della madre in casa e a quelli degli altri fuori nel mondo fingendo di essere altro rispetto a ciò che era nella realtà. Come interprete era sublime, il suo pubblico non sospettava affatto che il suo fosse il volto della menzogna. Dietro a quella maschera sempre più pesante da portare covava con forza il desiderio di infrangere le regole che accettava ormai a fatica. La giunta al governo era al collasso. Una crisi economica senza precedenti ne aveva minato il potere e da mesi si susseguivano esplicite manifestazioni di dissenso. La reazione dei generali al comando innescò la loro lenta condanna definitiva. Organizzarono un blitz militare per riprendersi una manciata di isole semideserte sotto sovranità britannica sulle quali da anni rivendicavano la loro autorità. Facendo leva sul nazionalismo, il regime era convinto di distogliere l’attenzione dai concreti problemi che attanagliavano gli argentini. Dall’altra parte dell’oceano la donna intransigente che stava rivoltando l’Inghilterra con il pugno di ferro reagì all’attacco argentino con la durezza per la quale già era tristemente popolare. Era scoppiata una guerra. Si trattava di un frangente inatteso che accrebbe il caos nel quale l’Argentina versava. E in quello scompiglio bastò un lampo perché la finzione quotidiana di Richard franasse. Cominciò a uscire di notte infilandosi di soppiatto nei locali clandestini in cui gli uomini cercavano altri uomini. Finalmente non mentiva più. Era in preda a una gioia a lui oscura. E nel disordine in cui il paese era precipitato, nessuno sembrava far caso a lui. Dopo aver toccato l’apice, il conflitto sembrò scemare con rapidità. Poco prima dell’estate, durante uno dei suoi personali raid notturni in cerca di compagnia, Richard intercettò uno sconosciuto che apparteneva al corpo diplomatico americano. Era la grande occasione, forse quest’uomo avrebbe potuto aiutare lui e la madre a lasciare l’Argentina. Richard cominciò a sognare a occhi aperti. Una nuova vita alla luce del giorno. Un altrove luminoso aspettava solo lui. Basta notti trascorse a evitare gli arresti da parte dei militari. Basta giornate tutte uguali trascorse a mentire. La guerra terminò a giugno. L’Argentina ne uscì sconfitta. La situazione interna del paese peggiorò con rapidità. E con essa, il sogno di Richard evaporò di colpo. Ricominciavano le sue concitate storie della notte.
Era il 1996 quando un affermato scrittore irlandese pubblicò il resoconto struggente delle notti di Richard Garay. La sensualità di quelle veglie notturne, l’emozione di quegli incontri clandestini e la paura in quello stato di scompiglio che avrebbe portato alla fine del regime in Argentina, erano la felicissima riuscita poetica di una esperienza che il creatore di Richard aveva sperimentato venti anni prima dell’uscita del suo libro. Nel 1975 Colm Tóibín aveva deciso di interrompere gli studi presso l’University College di Dublino. Desiderava il sole del Mediterraneo. Lo attraeva la cultura dell’Europa meridionale. Era giovane e impaziente. Arrivò a Barcellona nel momento in cui la dittatura che aveva fermato il tempo in Spagna dal 1939 si stava lentamente sgretolando. Francisco Franco, l’uomo solo al comando oggetto da anni di una insofferenza sempre meno celata, stava morendo. E benché le notizie sulla sua salute deteriorata non fossero ufficiali, questo bastava per diffondere uno stato di febbrile attesa in un paese in subbuglio. E in questo contesto, il ragazzo irlandese che in patria si era tenuto per sé la verità sulla propria natura, scelse di cercare la compagnia di altri uomini immergendosi nella confusione delle notti di una Barcellona in piena speranza di un imminente cambiamento. A novembre il dittatore finalmente morì. Un nuovo capitolo della storia spagnola si apriva e il giubilo delle persone si tradusse con l’esplosione creativa della movida. Il ragazzo irlandese ebbro di gioia per quel paese che tanto amava per avergli fatto trovare il coraggio di essere se stesso, fu testimone di quella frenetica esplosione di libertà. Era tempo di rientrare in patria. Si laureò. Per tutti gli anni ‘80 scelse la strada del giornalismo. Poi quell’urgenza di raccontare storie che molto presto nella sua vita lo aveva catturato, prese il sopravvento. Memore delle frenetiche notti barcellonesi trascorse tra convegni furtivi e speranze per la prossima fine del franchismo, Colm Tóibín ricreò quel suo fertile momento di indipendenza. Apparve Richard Garay, la Spagna franchista diventò l’Argentina dei generali e le notti di Barcellona si fusero con quelle di Buenos Aires. Era nato The Story of the Night.
Tóibín non riusciva a smettere di pensare a quel bisogno di libertà esploso dentro di lui nella Barcellona della sua giovinezza e poi trasferito al suo Richard alle prese con il trambusto bonaerense. E nel tornare a quelle memorie stretta lo afferrava la sensazione che il richiamo della libertà provenisse dal suo passato e che riguardasse ciò che era capitato a Patrick, suo nonno. Nel mezzo di quell’atroce carneficina che fu la Grande Guerra, mentre inglesi e irlandesi si dividevano gli incubi delle trincee, a Dublino e nel resto dell’Irlanda radicata ormai era l’insofferenza nei confronti del dominatore britannico. Patrick era solo un ragazzo, il fronte lo stava aspettando. Ben altro fronte però ribolliva nella mente sveglia di Patrick, quello interno che andava fomentato per liberare la sua terra dagli oppressori. Patrick non poteva più attendere, doveva agire. Subito. Si unì all’Irish Republican Army e l’occasione per dare la spallata al governo di Londra troppo occupato a gestire il conflitto mondiale arrivò molto in fretta. In pochi giorni dell’aprile 1916 la ribellione degli irlandesi esplose improvvisa. Gli scontri furono cruenti. Patrick non si tirò indietro un solo istante. Da oltre un secolo non scoppiava in Irlanda una così decisa sollevazione contro gli inglesi. Sarebbe passata alla storia come la Rivolta di Pasqua. Con l’ausilio dei carri armati messi in campo per la prima volta per sedare una insurrezione interna, le forze britanniche ebbero la meglio e le aspirazioni all’indipendenza degli irlandesi furono stroncate con estrema durezza. Tuttavia, il solco era stato tracciato, si trattava del principio. La fine sarebbe giunta molto presto e si sarebbe incarnata nella conquista della libertà. Patrick sopravvisse. Era ricercato come un criminale, entrò in clandestinità. E poco dopo fu catturato e spedito in un carcere del Galles e nelle notti insonni trascorse in cella non riusciva a fare a meno di tornare con lo spirito alla sua terra ancora oppressa. Parecchi anni più tardi poté fare ritorno a casa. Quando questo avvenne, l’Irlanda era libera e indipendente. Patrick pianse di gioia per questo, ben sapendo i tremendi sacrifici che la conquista di quella libertà aveva comportato. Anche per lui.
Patrick, il patriota irlandese. Suo nipote Colm Tóibín, che sarebbe diventato uno dei più dotati scrittori della sua generazione. E Richard, l’alter ego creato da Tóibín per rendere universale quella spasmodica ricerca di libertà che accomuna ogni essere umano senza distinzione alcuna. E quelle loro interminabili notti senza sonno nutrite soltanto da un acuto bisogno di verità.