In un vicolo della città vecchia, le Vieux Nice, Malbec parlava di arte finta e arte vera con un gruppo di giovani che trascorreva il pomeriggio davanti a un bar. Rue Droite, il vicolo degli artisti, una concentrazione di gallerie piccole e medie, negozi di pittori e atelier di formazione per aspiranti artisti. Le campane della chiesa del Gesù annunciarono la fine della funzione; Malbec pensò al proprietario della casa sul Paillon, il carrozziere stava tornando al lavoro dopo la messa. Davanti al quarto pastis, il pittore si fermò a pensare alla sua situazione, alla scelta della libertà. Che razza di uomo era? Come aveva potuto lasciare suo figlio e sua moglie a Parigi e scappare al sud! Dopo quattro pastis incominciavano i rimorsi. Meglio parlare di arte. Ma parlare di arte, per lui, era tanto complicato quanto parlare dell’amore. Ci sono cose delle quali non si riesce a parlare se sei un pittore o un uomo innamorato. I ricordi della sua vita coniugale, alterati dall’alcol, prendevano forme nuove, la voce della sua ex moglie diventava musica poco orecchiabile, le motivazioni che lo avevano spinto a partire perdevano la loro intensità.
«A cosa stai pensando, Malbec?»
«A nulla, alla mia prima vita.»
«Ti manca? vuoi tornare a Parigi?»
«Per niente! lì si guadagna la stessa miseria e la vita costa il doppio; quanto a mia moglie e mio figlio, troveranno un uomo migliore.»
«Ci sono uomini migliori e uomini peggiori? sembra di parlare ancora di arte migliore e arte peggiore.»
«Parliamo per parlare, noi artisti parliamo di amore per il bisogno di essere amati e parliamo di arte perché vogliamo essere persino compresi; quanta povera gente vorrebbe farlo, ma non ne ha i mezzi!»
«Inizi con la morale, Malbec?»
«Nessuna morale; penso solo alla fortuna che abbiamo noialtri, se vogliamo sfogare qualsiasi cosa, ci basta prendere i pennelli.»
«C’è chi la vede diversamente; c’è chi direbbe che si tratta di una disgrazia; tu perché dipingi, Malbec?»
«Io dipingo per disgrazia.»
La salita di rue Rossetti portava alle scale per il castello, un po’ di verde animava la pietra e le ringhiere; la natura in armonia con l’uomo, Dio e l’amore, forse, la vita scendeva gli scalini a due a due, i pastis si moltiplicavano assieme alle strane idee, i dipinti nascevano nella testa del pittore e nella mano già sentiva quel particolare formicolio difficile da distinguere, un bisogno irrefrenabile di creare. Il pittore alcolizzato beve pastis e colori; dipinge il soggetto che ha davanti e gli dona un’anima. Nessuno saprà di chi sono gli occhi tanto vivi dipinti sul volto delle sue ultime modelle. Forse occhi inventati seguendo le leggi della proporzione; o gli occhi di sua madre ancora nitidi nella memoria; oppure quelli della sua ex moglie, che dopo quattro bicchieri non mancava mai all’appuntamento. Si ricordò delle notti abbracciati e di quelle da solo, dei sogni, della gelosia, degli incubi da sveglio, e di lei che gli urlava “che cosa stai sognando?” quando lo sentiva sussurrare questo o quel nome di donna, dipinta così bene che non era uscita dalla testa prima di addormentarsi. Chi può sapere che cosa passa per la testa di un pittore! Le persone che lo amano? Quelle che lui prova ad amare? I critici, forse? Lasciamo queste domande senza una risposta; Malbec ci capirà. E ascoltiamo una storiella del tavolo accanto, all’angolo con rue Rossetti, di fronte alla cattedrale:
«Siamo andati in campagna il mese scorso; tua madre ci ha ospitato.»
«Avete lavorato?»
«Molto! un’ottima ricerca, posti completamente diversi da qui…»
Una mano volteggiò sulle teste per indicare lo squallore del vicolo. Ma Malbec interpretò diversamente quel gesto; tutti si lamentano di quello che hanno, prima o poi.
«Avete comprato il formaggio della zia?»
«Ci abbiamo provato, per giorni.»
«Come sarebbe?»
«La zia ce lo ha promesso quando siamo arrivati.»
«Le avete detto che eravate miei amici?»
«Certo; siamo arrivati lì, c’erano tua madre, tua zia, tutta la combriccola; abbiamo chiesto il formaggio e lei ci ha detto che non ne aveva.»
«Bisogna ordinarlo, ma soltanto se sei un familiare; le avete detto che eravate miei amici?»
«Sì, e lei ci ha promesso il formaggio, ci ha detto: tornate giovedì e ve ne darò un pezzo.» Malbec ascoltava i vicini e immaginava la vecchia zia, le pecore, il formaggio, colori chiari e gialli per il latte, Giallo Cadmio e Titanioper le ombre che profumavano di caglio. «Quando siamo tornati dopo una settimana, la zia ci ha guardato e ci ha detto di non avere formaggio, di tornare dopo una settimana.»
«Le avete detto o no, che eravate miei amici?»
«Ma sì; lei ci ha guardato e ci ha detto: non ne ho, tornate giovedì. Lavorare lassù in campagna ci ha resi sereni, ritornare dalla zia ogni settimana è diventato un pretesto per fare una passeggiata.»
«Altri ritmi, altri tempi; in campagna il progresso è dominato dall’uomo, in città l’uomo è dominato dal progresso.»
«Ogni volta che tornavamo lì, lei ci guardava bene, ci studiava come se volesse prenderci le misure per il vestito, e ci diceva di tornare giovedì.»
«La zia è molto vecchia… comunque, qui vendono lo stesso formaggio, lo fanno a La Gaude, costa un po’ in più ma è fresco ed è sotto casa.»
«Ascolta, la storia non è finita.» Il tavolino accanto al suo si divertiva a raccontarsi la storia della vecchia zia e del formaggio; Malbec provò un sentimento simile all’invidia, ma di natura più costruttiva, utile per la composizione.
«Allora come è finita?»
«Prima di partire, mentre mettevamo in macchina le tele e la nostra roba, la cara zietta è venuta a trovare tua madre; l’abbiamo vista arrivare giù per la discesa che porta a casa tua dalla montagna, con una busta in mano; è entrata in casa, si è seduta al tavolo della cucina con tua madre e ha detto: quei tuoi nipoti, quei ragazzi simpatici di Nizza, sono venuti qualche settimana fa a ordinarmi il formaggio e non li ho più rivisti! tieni, lo lascio qui, se dovessi vederli, daglielo tu.»
«Ah, la zia! è davvero invecchiata, ma almeno avete avuto il formaggio…»
Malbec aveva ascoltato la storiella sorridendo assieme a loro, si era divertito a immaginare la scena, il volto della zia e di quei ragazzi, arrabbiati soltanto perché una vecchia che viveva da sola in cima a una collina non li aveva riconosciuti. Se anche solo un essere umano non ti riconosce, la tua identità perde credibilità.
Una lunga fila colorata di bambini in libera uscita, sorvegliati in testa e in coda da due giovani insegnanti, passò davanti al bar. I bicchieri sul tavolo tremarono, Malbec prese altri appunti per un nuovo lavoro, le voci dei piccini salirono in alto, svegliarono i depressi e infastidirono i nevrotici. I loro corpicini sostenevano il peso degli zaini con lo sforzo tipico della giovinezza, quell’energia che la vita ha donato loro in attesa che l’uomo gliela tolga. La camminata saltellante dei primi nella fila mise allegria agli artisti emarginati che si ubriacavano con le storielle sul formaggio.
Franco Malanima
(da Musa al pianoforte)