Quando gli abitanti dell’isola si riferivano a loro due, Grace e Marguerite erano semplicemente le amiche di Petite Plaisance. Forte del suo retaggio europeo e della cultura classica che lo nutriva, a Marguerite non facevano alcun effetto i commenti malevoli che potevano celarsi tra le righe dei discorsi della gente del posto. Grace invece era americana e per quanto la sua cultura fosse al pari di quella posseduta da Marguerite, non riusciva a ignorare il carattere affilato di certe espressioni o il potere denigratorio che ancora esercitavano su di lei certi sguardi improvvisi. Marguerite era riservata per natura, quasi si trattasse di una genuina questione di censo. Grace invece era riservata per paura, come se a quelli come lei non fosse data altra scelta che la riservatezza per proteggersi dalle crudeltà del mondo che li circondava. Laddove la cultura non poteva far nulla, la ritrosia sembrava riuscire nel tentativo di parare i colpi peggiori. Quelli che tali erano almeno per Grace. Per questo la proposta di trasferirsi sull’isola di Mount Desert avanzata da Marguerite fu accolta da Grace come una liberazione. Certo se quel lembo di terra fosse stato deserto, per Grace sarebbe stato un autentico paradiso. Solo lei e Marguerite. I loro libri e i loro gatti. Le parole, la sconfinata passione delle loro esistenze. L’isola però era abitata, una manciata di persone a cui occorreva adeguarsi. Avevano una casa e un vasto giardino solo per loro due. Marguerite aveva scelto quel luogo per lavorare in pace al suo libro sull’imperatore, consapevole che quelle mura pur con l’interruzione dei continui viaggi sarebbero state la sua casa una volta per tutte. Grace avrebbe fatto la spola con la costa del Maine per continuare a insegnare all’università. Forse in alcune occasioni sarebbe rimasta a dormire negli appartamenti che il college le aveva riservato per ogni evenienza. Il più delle volte però sarebbe tornata sull’isola nella dimora in cui si sentiva al sicuro da ogni stortura, nelle stanze piene del tepore che il ritmo antico diffuso dal lavoro di Marguerite sembrava garantire in ogni momento del giorno e della notte. In fondo, Grace lo sapeva da più di dieci anni. Per lei casa era dove si trovava Marguerite, la donna che aveva incontrato per caso nella hall di un albergo parigino poco prima della guerra. La creatura di cui si era perdutamente innamorata e con cui aveva scelto di trascorrere il resto della vita. Ancora dopo tutti quegli anni passati fianco a fianco, Grace si meravigliava che Marguerite provasse lo stesso sentimento, che anche la grande scrittrice prossima a pubblicare il libro di tutta una vita avesse scelto di condividere la sua esistenza con la semplice ragazza dell’Ohio che tanti sacrifici aveva fatto per arrivare a diventare una traduttrice di fama.
Dopo i primi due anni di sporadiche frequentazioni vivendo su capi opposti dell’oceano, Grace invitò Marguerite a stare negli Stati Uniti. Senza darle a vedere le sue preoccupazioni per le persistenti voci che davano come imminente una guerra in Europa, Grace le chiese di prendere parte a certi seminari in programma per l’anno accademico in corso nell’università in cui lei lavorava. Fu l’occasione per cominciare a vivere insieme. Al principio nelle stanze private che venivano offerte ai membri del collegio docente, in seguito nel piccolo appartamento che decisero di prendere in affitto lontano dal campus. Marguerite interrompeva la nuova riscrittura del romanzo sull’imperatore solo per tenere le lezioni che le erano state chieste. Grace a quel tempo affiancava l’insegnamento ai doveri amministrativi imposti dal suo ruolo di preside accademico, tra le primissime donne a raggiungere una simile elevata posizione. Erano felici, anche se Grace temeva che qualcosa potesse andare male e ponesse fine a quell’idillio. Cominciarono a parlare di una casa da acquistare che fosse sia un focolare domestico che una base a cui tornare al termine dei viaggi che avrebbero intrapreso una volta finita la guerra. Grace assentiva in silenzio, ancora insicura sul loro futuro. Sempre spaventata dall’opinione altrui. Forse intuendo ciò che angustiava la sua compagna o forse semplicemente perché ne ammirava da tempo la capacità di scandagliare a fondo il mistero di una lingua non sua, Marguerite chiese a Grace di diventare la sola traduttrice dei suoi libri, a partire da quello a cui stava lavorando con accanita lena da tanti di quegli anni che nemmeno lei ormai ricordava più. Lo spirito di Grace ebbe uno scossone e proruppe in una sensazione di gioia piena mai provata prima. Marguerite le aprì la porta del suo studio e le diede libero accesso ai suoi manoscritti. Prima di cominciare il lavoro però avrebbero dovuto cercare una casa vera e propria. Non era solo una questione che le riguardava come coppia, questo Marguerite aveva evitato di dirlo a Grace. Si trattava anche della sua scrittura e della routine di cui aveva bisogno per portare a termine quel romanzo a cui aveva sacrificato ogni altro testo concepito negli ultimi decenni. Il libro che aveva come protagonista l’imperatore Adriano. Quello che Marguerite aveva idealmente dedicato a Grace, attribuendo alla passione dell’imperatore per il giovane Antinoo le parole d’amore che lei provava per la sua compagna. Bastarono poche ricerche per trovare Petite Plaisance, il loro angolo di meraviglia su questa terra. Senza darsi fretta si organizzarono per il trasloco sull’isola, acquistando assieme alla casa anche una tomba nel locale cimitero in cui essere sepolte l’una accanto all’altra quando fosse giunto il momento. Una volta cominciata la loro nuova vita, Grace ebbe libero accesso alle carte di Marguerite e cominciando dalle pagine sull’imperatore intraprese una traduzione che finì con lo spazzare via ogni suo dubbio residuo circa i sentimenti che Marguerite nutriva per lei.
Grace aveva diradato gli impegni di facoltà per quel semestre, concentrata su ogni singola parola del testo di Marguerite, sembrava non trovare più un briciolo di tempo da dedicare a ogni altra faccenda. Col passare del tempo, forse l’attenzione ai libri di Marguerite sarebbe diventata la sua occupazione permanente. Allora, perché non abbandonare il suo lavoro e dedicarsi esclusivamente alle traduzioni. Mise in conto di pensarci, soprattutto quando si accorse che lasciare anche solo per pochi giorni quella casa e l’isola che la tenevano al sicuro era diventato un fardello per lei non più sostenibile. I viaggi non contavano. Quelli si programmavano insieme a Marguerite e riguardavano periodi dell’anno ben precisi. Ci si abituava per tempo prima della partenza. Poi, non era sola in quel peregrinare. Con Grace c’era Marguerite. Leggendo il manoscritto, Grace si accorse che il continuo muoversi verso gli spazi più remoti del suo impero rendeva Adriano simile a Marguerite. L’imperatore sembrava uno specchio di inquietudini che rifletteva sprazzi inesplorati della mente di Marguerite. Ciò per un attimo fece riemergere nell’animo di Grace quei vecchi e mai del tutto sopiti timori. Arrivò infine il giorno in cui lesse la parte in cui Adriano racconta del suo amore per Antinoo. Erigere una intera città e dedicarla al ricordo dell’amato defunto per placare un dolore che non dava alcuno scampo. Grace che pur conosceva quella storia ne rimase interdetta. Furono le parole con cui quella sofferenza era espressa a renderla muta davanti alla pagina. In quel sentimento percepito come un gioco che atterrisce l’anima e il corpo e ci inchioda tutti senza distinzione alcuna alla creatura amata come un condannato alla croce, Grace vide per la prima volta fuori da ogni dubbio la dichiarazione di un amore privo di confini che Marguerite le aveva rivolto attraverso la sua arte, e ne fu grata alla vita.