Preghiera del veilleur de nuit

Io lavoro di notte in un hotel, vedo passare gente allegra e triste
clienti storditi dal fuso orario, sorridenti coi denti addosso
il cane insegue l’osso, loro inseguono un sogno molto caro
lo strano disegno ricamato sugli accappatoi, le nottate
che passo qui dietro ad aspettare, mi offrono accappatoi
mi parlano: vuoi anche tu qualcosa di dolce da succhiare?

Se vedessi il mare da qui, sarei felice anch’io. Ma non c’è
c’è solo un albero che fa ombra sulla stradina di pietre piccole
e le lucciole bianche si posano in fila sulla ringhiera.

Non parlo con nessuno, di notte, devo aspettare il giorno
il ritorno della parola. Adesso è caos, è rumore infernale
questo altalenare di macchinari, stordisce persino il silenzioso più sfacciato
il mercato di frutta e verdura sul mio bancone, il marmo, l’odore di caviale.

In hotel, di notte, ho visto donne ricche e stanche, entravano
senza salutare, sanno dove andare, l’ascensore è il luogo più sicuro al mondo
non fa sconti, quando suona la campana, din, bisogna uscire
per due lire vendute dal fratello del fratello
bello e brutto il bordello cinque stelle
le mammelle allattano i clienti milionari
i loro calendari sempre pieni, lo scroto pende floscio tra le gambe
le stanche impiegate vengono e vanno con la testa bassa.

Sono diventato poeta per mancanza di tempo, mi fa paura
sento un certo calore nelle mani quando ci penso
non ha senso essere felici per se stessi
gli amplessi più belli sono quelli che fanno godere gli altri.

Di notte in hotel sono tutti felici
non hanno radici, non hanno famiglia
la mano sulla maniglia dimentica tutto
è costrutto, è patriarcato, è quello che nasce e quello che è nato.

Incontro me stesso di notte in hotel
quel certo bambino che sono stato
è per questo che lavoro di notte
avvolte nel sale, le mie coperte dormono sole
il sole non scalda le mie giornate
quelle lunghe mattinate trascorse a dormire.

Ma può morire un pesce se lo bagni, goccia a goccia?
Sbocciano fiori dalle zolle di terra dimenticate sui balconi?
E le canzoni belle che sento di notte
sono sempre troppo corte, sono lontane
il silenzio della penna è tutto ciò che mi rimane.

Di notte siamo quello che siamo
ci trasciniamo nei corridoi delle porte chiuse
le divise stirate stanno dritte in fila sulle stampelle
sorelle le luci, le moquette che odorano di fumo
nessuno alle tue spalle, e nessuno accanto a te
ciò che non è non può tornare indietro
un segreto amore per questo posto ci tiene uniti
i vagiti del neonato ascolto, assorto.

È lenta la notte
mentre la conto come si conta il cioccolato
il legno pregiato mi insegue lungo le pareti degli arazzi
come pazzi animali muti e sorridenti
come i clienti, addormentati.

I latrati nel cortile, i rospi imitano i cani
è tutto pieno per stanotte, tornate domani.

Franco Malanima

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