“Il più è la gonna che mi ingombra, è così larga e di tela così grossa. Maria Vergine aiutami, Maria Vergine aiutami”.
Si era inventata da sé questa cantilena e la ripeteva sussurrandola man mano che saliva in ginocchio il lastricato che portava al santuario. Sua madre, accanto a lei, invece diceva il rosario, a capo chino, con vergogna.
“Maria Vergine perdonami, aiutami. E se il bambino che porto dentro di me ormai da tre mesi ne patisse di questa penitenza? Sarà perdonato almeno lui e morirà in grazia di Dio; sarebbe meglio, sarebbe meglio per lui”.
Era già mezz’ora che salivano lungo il portico; salivano con la schiena che doleva, con le ginocchia fasciate di stracci e le grosse gonne scure che si impolveravano e raccoglievano il fango e la sporcizia lasciata da altri viandanti e pellegrini.
Ma erano nulla la fatica e il dolore fisico in confronto alla vergogna per quel bambino sconosciuto e misterioso che sarebbe cresciuto senza il padre. Ma quando la ragazza cercava di “sentirlo”, amarlo già magari un po’, non ci riusciva; prima bisognava chiedere perdono a Dio, alla Madonna sua madre e al prete e farsi dare l’assoluzione, così almeno non si sarebbe sentita così disgraziata.
Ogni tanto le due donne si fermavano a riposare in un canto del portico che portava alla grande chiesa. Si era ai primi di aprile e avevano caldo e sete. Non avevano portato con loro né acqua né cibo. Per penitenza e perdono. Oh come volevano essere perdonate! La madre per non aver badato abbastanza alla figlia, la figlia per quel bimbo che cresceva dentro di lei e che non avrebbe avuto un padre.
“Più soffro più Maria Cuore Immacolato mi perdonerà, più ho sete, fame e dolore alla schiena e alle ginocchia più mi perdonerà anche suo figlio”. Pensava al prete soprattutto più che alla Madonna; nel segreto dell’animo ancora infantile lo temeva più di Dio. Avrebbe osato pronunciare quel peccato tremendo dentro il confessionale? E il prete sarebbe stato buono, comprensivo come lei si aspettava? E se invece l’avesse cacciata dalla chiesa, che sarebbe stato di lei? E di sua madre, che non aveva nessuna colpa?
Soffriva volentieri e più le ginocchia fasciate dagli stracci bruciavano e la schiena le si spezzava, più era contenta. “Più si soffre e più Maria ci dà ascolta e intercede verso suo figlio per noi”.
La madre ingoiava vergogna e avemarie e più della figlia si sentiva colpevole, disgraziata; sentiva di non avere più niente, niente… La vita per lei comunque era finita, rovinata. Perduta. Pensava ai paesani, al fidanzato fuggito, a suo marito che non osava più mettere piede nella piazza del paese. Voleva sì il perdono di Maria, di Dio e del prete, ma per la figlia, lei neanche contava di meritarselo e non ci sperava. Neanche. Non ci sperava, lei era senza speranza e senza merito. Una madre senza merito e senza speranza. Ecco come si sentiva davanti alla Madonna, a Dio, al prete, a tutti, al mondo intero.
Dopo un’altra ora si fermarono in un cono d’ombra all’interno del portico. Tutto intorno era talmente meraviglioso; il portico, la via del perdono, era inondato di luce; gli alberi e la campagna piena di verde, di foglioline, di fiori, parlavano alla ragazza della bellezza del creato.
“Oh sì, sento che la Madonna mi perdonerà, anzi forse mi ha già perdonato e il prete quando mi vedrà, quando vedrà quanto ho sofferto nel cuore e nel corpo mi dirà cose tipo cara sorella, vieni, vieni, il cuore di Dio è grande e ti ha già perdonato. Sì, sì mi dirà quelle cose che dice anche il parroco la domenica in chiesa; comincia sempre le sue prediche con care sorelle e fratelli, Dio vi ama; e tutti sono lì puliti e ben vestiti, senza sete e senza fame, fango, dolore alle ginocchia e senza questa vergogna che mi sta mangiando viva. Dirà queste parole e tutto si aggiusterà perché avrò la benedizione del Signore. Oh Madonna, Maria Vergine, ti prego perdonami, aiutami, fa che riesca ad aprire il mio cuore al prete nel confessionale come sto facendo con te! Ma perché questo non basta? Non potrei salire tutto questo lungo portico in ginocchio senza bere e senza mangiare pregando e implorando il perdono di Dio, Gesù e la Vergine Maria e basta? Perché devo dire tutto anche a un uomo, un prete. E se non mi darà l’assoluzione che sarà di me, della mia anima, del mio bambino?”
Si voltò verso sua madre.
“Senti, mamma, devo dirti una cosa…”
“Cosa devi dirmi, dai parla”.
“Io vorrei chiederti, ma non basta se noi… non basta se io…, non basta se io faccio questo sacrificio della salita in ginocchio pregando e chiedendo perdono al Signore? Dimmi, mamma, non potrebbe bastare? Perché devo dirlo anche al prete, non basta il pentimento che sento così tanto nel cuore?”
Non basta, disse la madre. Non basta per niente, aggiunse con autorità. “La sofferenza che noi stiamo provando in questo momento è nulla, è la stessa di tutti i giorni nei campi dalla mattina alla sera, anzi è meno, questa al confronto è una passeggiata. Serve solo a pentirsi. Senza pentimento il peccato rimane. E la sofferenza fisica non serve a niente”.
“Ma io sono pentita, molto pentita, ma, mamma, non me la sento di dire a un estraneo… non sappiamo neanche chi mi confesserà…”
“Come puoi chiamare estraneo un prete? Un prete è la bocca di Dio”.
“E tu come fai a saperlo?”
“Maria Vergine! come sarebbe a dire… Tu non sei veramente pentita di quello che hai fatto. Non pensi che sia un peccato… Ecco perché puoi farmi una domanda simile. Solo la confessione può eliminare il peccato, lo sanno tutti…”
“E se il prete non mi dà l’assoluzione?”
“Vorrà dire che ha ragione lui, vorrà dire che ha capito che non sei davvero pentita. Anch’io lo sto capendo, purtroppo”.
“Ma io sono pentita, è naturale… Ma se non ci fosse stato il bambino, se non fossi rimasta incinta sarebbe lo stesso un peccato così grave? Scommetto che sarebbe meno grave…”
“Ma come parli, disgraziata. Vuoi farmi morire? Come puoi parlare così, miscredente! Sarebbe stato lo stesso peccato. Ma il fatto è che tu devi essere davvero pentita, capisci? Sennò il prete non può darti l’assoluzione. Ma non pentita perché sei sulla bocca di tutti, pentita perché hai fatto un grande peccato.
“Sì, sì certo, un peccato, ma grande forse perché c’è il bambino”.
“Grande e basta, disgraziata!”
Ripresero a percorrere il portico che portava al Santuario della Madonna del Cuore Immacolato. La madre pregando sospirava forte, la figlia con le labbra serrate non pregava più.
Quando arrivarono in cima, si alzarono in piedi, si tolsero gli stracci dalle ginocchia e si rassettarono le vesti. Prima di entrare in chiesa la madre pettinò i lunghi capelli della figlia con un pettine portato da casa, annodandoli di nuovo in una lunga e luccicante treccia.
Bevvero acqua fresca da una fontana di fianco al portale. Poi col corpo affamato e i loro due cuori separati e grandi entrarono nella chiesa.