La follia delle idee rivoluzionarie


Le idee migliori non vengono dalla ragione,
ma da una lucida, visionaria follia.
Erasmo da Rotterdam

di Massimo Beccarelli

Ripensavo, prima di stendere queste righe, a questa frase di Erasmo da Rotterdam, che trovo profondamente vera. Non la follia del malato psichiatrico, ma quella a cui si riferiva Steve Jobs, quella che ci stimola a inventare, a creare, a partorire idee più o meno “rivoluzionarie”. Ognuno di noi, nel suo piccolo, dovrebbe tendere a questo obiettivo, di certo non facile ma, proprio per questo, più stimolante. E se poi, alla fine della nostra vita, non ci saremo riusciti, almeno avremo contribuito a migliorare un poco il mondo. Nelle letture, o meglio riletture, di questi giorni, ho trovato un paio di riferimenti interessanti. Sono riferimenti diversissimi tra loro, di autori lontani geograficamente e stilisticamente che però affrontano, in un certo senso, lo stesso tema.

Martino Testadura, protagonista di una “favola moderna” scritta da uno che, di questo genere, se ne intendeva, Gianni Rodari, e contenuta in Favole al telefono. Martino abitava in uno strano paese, all’uscita del quale si aprivano tre strade, una che andava verso il mare, una verso la città e una che non andava in nessun posto. Nonostante le rimostranze dei compaesani, egli volle percorrere proprio quest’ultima strada e scoprì, al termine della stessa, un castello pieno zeppo di tesori.
Chi ripercorse la strada dopo di lui, però, non trovò nulla. Perché “certi tesori esistono solo per chi batte per primo una strada nuova”.
Parafrasando alla buona, possiamo dire che solo gli innovatori possono godere del successo delle loro scoperte. Essere Testadura, insomma, a volte ripaga.

La figura realmente esistita di Elzéard Bouffier, un pastore solitario e di poche parole, che lo scrittore francese Jean Giono eterna nelle pagine de L’uomo che piantava gli alberi. Da solo, privo di mezzi tecnici particolari e senza alcun tornaconto personale, compie un’impresa straordinaria: pianta migliaia di alberi (querce, faggi e betulle). Così, con il passare degli anni, quelle lande nude e monotone della Provenza, cambiano volto, si ripopolano, tornano a una nuova vita. “Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole”. Così scrive Giono.
Bouffier è morto serenamente nel 1947. Ma, come tutti i grandi innovatori visionari, ha lasciato un segno eterno del suo passaggio su questa terra.

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