Una notte, al telefono con Joan Baez

di Edoardo Poli

Il telefono squilla. Joan accende la luce, guarda la sveglia e maledice chiunque la stia chiamando.
“Pronto?”
“Ciao Joan, disturbo?”
“Chi è?”
“Non dirmi che non mi riconosci”.
Joan ha riconosciuto la voce sin dalla prima sillaba ma non vuole dare alcuna soddisfazione.

And you happened to call
And here I sit
Hand on the telephone
Hearing a voice I’d known

“Ciao Robert. Perché mi chiami a quest’ora?”
“Robert… non uso quel nome dal ’62. Ho scritto una cosa e vorrei leggertela”.
Joan impreca e pensa che Bob è fuori di testa. Chiamarla alle tre della notte per leggerle chi sa cosa.
“Robert” chiamarlo così le dà un certo senso di autorità “non puoi chiamarmi a quest’ora solo per leggermi qualcosa. Da dove chiami?”
“Sono in una cabina nel Midwest”.

Where are you calling from?
A booth in the Midwest

“Non c’è nessuno nel Midwest che possa leggere le tue poesie alle tre di notte?”
“Sono le cinque, qui, Joan”.
Joan si sposta nel letto. Alza gli occhi al cielo. Nel frattempo comincia a formarsi un’immagine di lui in una cabina, in un vicolo sperduto di chi sa quale città. Prova a sentire se c’è un sottofondo di pioggia, ma le ritorna solo un silenzio e il ronzio dell’apparecchio. Avverte il suo sguardo addosso anche a migliaia di chilometri, quegli occhi blu che ha sempre accostato alle uova di pettirosso. Che strana similitudine.

As I remember your eyes
Were bluer than robin’s eggs

“Va bene, non c’è nessuno che possa leggere le tue poesie alle cinque della mattina?”
“Non lo so” fa una pausa, Joan lo immagina cercare le sigarette “non ci ho pensato; ho scritto questa cosa e volevo leggertela” ripete. Joan sorride ma tace. Sente Bob cambiare la mano con cui regge la cornetta. Lo vede col solito cappotto nero, i capelli arruffati.
“Allora posso leggertela?”
Joan ora non sorride più, la sua insistenza nel volerle leggere quella maledetta poesia la richiama dalle sue fantasie.
“Certo, Bob, leggi”.
La voce roca ma con una nota squillante comincia a recitare i versi. Joan ascolta, come ha sempre fatto, concentrata sul testo finché lui non si interrompe.
“Sai, Joan, stavo pensando a quel portiere. Te lo ricordi?”
“Quello dell’hotel a New York?”
“Già, proprio lui. Non voleva farmi entrare, pensava che fossi uno straccione. Ti ricordi?”
“Sì, Bob. Non sapeva chi fossi”.

Well you burst on the scene
Already a legend
The unwashed phenomenon
The original vagabond

“E ricordi…”
“No, Bob non voglio fare questo gioco. Se vuoi puoi continuare la tua lettura”.
Bob per la prima volta esita. “Sì, scusami, allora ero rimasto…”
Perché mi ha chiamata? pensa Joan. Solo per farmi ascoltare quella poesia che tra un po’ sentirò in radio o vedrò alla televisione? Avrebbe potuto semplicemente inviarmela per posta e tutto si sarebbe risolto con tanti complimenti e una firma.
“Ottima, come sempre Bob” dice invece.
“Grazie. Speravo che ti piacesse, mi sono sempre fidato del tuo giudizio. Ogni tanto penso a quando eravamo all’Earle. Però non ricordo mai che stanza era”.
“305”.
“Ah, sì la 305. Era bello d’inverno, affacciarsi e vedere la strada innevata, i ragazzini giocare, lanciarsi le palle addosso. Anche noi ogni tanto scendevamo con loro”.

Now you’re smiling out the window
Of that crummy hotel
Over Washington Square

“Siamo scesi anche per altre battaglie, più importanti” aggiunge Joan, mentre con la memoria va alle lunghe passeggiate per quelle strade, lui con la neve nei capelli neri che sorride e la bacia. Le foglie allora cadevano insieme alla neve e ogni tanto se ne trovavano qualcuna sui cappotti.

Now I see you standing
With brown leaves falling around
And snow in your hair

Sarebbe stato bello rimanere lì, sotto la neve a braccetto, uniti senza pensare al domani, a quello che c’era al di là di loro due, di quello stare assieme. Chi se ne fregava del mondo, saremmo potuti morire lì e comunque saremmo stati felici, pensa Joan.

Speaking strictly for me
We both could have died then and there

“Già, le battaglie. Non bastano quelle che combattiamo ogni giorno, Joan, senza dover sopportare anche quelle degli altri?”
“Una volta ti interessavano”.
“Mi interessavi tu, Joan, non le battaglie”.
Joan prende fiato. Non ha intenzione e voglia di scavare ancora a fondo nel passato. Aveva già dissezionato quella storia dieci anni prima, poi aveva conosciuto David. Ora anche lui se n’era andato. Un vita piena di fantasmi, pensa Joan.
“Non sarai un po’ nostalgico, stanotte, Bob?”
“No”.
“Allora come ti definiresti? Dai, sei bravo con le parole, dammi un sinonimo”.
“Non mi viene ora, Joan, sono stanco. Forse dovrei andare. Grazie” riaggancia.

Now you’re telling me
You’re not nostalgic
Then give me another word for it
You who are so good with words

Joan rimane con la cornetta in mano. Dall’altra parte il silenzio. Ancora una volta Bob è apparso e scomparso, come ha voluto lui, secondo le sue regole. Joan non ce la fa più a stare a letto. Il lato di David è vuoto già da qualche tempo e solo ora ne avverte l’assenza. Prende un foglio, una matita ma non sa cosa scrivere. Pensa a Bob, a quella chiamata e al letto vuoto, alla mancanza. Soppesa la matita. Ripensa al blu degli occhi e al pettirosso, alle sue uova così particolari e alla neve.

It’s all come back too clearly
Yes, I loved you dearly
And if you’re offering me diamonds and rust
I’ve already paid
.

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