La dedizione del dolore

di Cristi Marcì

Sono qui. Solo. Al riparo da qualsiasi frastuono eppure in tua compagnia. Hai tanti, forse, troppi volti e in certi giorni proprio non riesco a starti dietro. Come due cani randagi digrigniamo i denti per paura di scoprire le nostre vulnerabilità. Stasera però fai davvero paura ed io non ho che da ritirarmi nella mia tana.
Ma come sempre fiuti la mia paura nauseabonda, capace soltanto di allontanare le persone.
Dapprima il tuo fiato si posa sul viso per poi scendere lungo la gola, arrestando il minimo soffio di vita tale da costringermi a trattenere il respiro. Perché qualsiasi contrazione del corpo equivale a ripristinare un rinnovato movimento.
E io non posso permettermi di avvelenarmi con quel batterio chiamato umanità. Il più subdolo e invisibile fra tutti, pronto a legarsi al recettore della tua fiducia e ad innescare reazioni biochimiche simili a fuochi d’artificio. Luminosi ed evanescenti come le mie illusioni. Ma qui al buio lontano, da tutto e da tutti, i miei occhi sono liberi di aprirsi alla luce dei sogni, le mie lacrime a restituire al rumoroso silenzio, una voce differente. Mentre tu caro dolore non cessi un solo istante, un istante di accucciarti al mio fianco. Di stanarmi con la tua dedizione.

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