La parabola del formaggio

di Alice Caetano

Serafino non credeva nel formaggio perché non aveva mai visto le pecore dell’Apocalisse che nuotavano sulle chiese di Cassiopea, a pancia sotto, con gli occhi fuori dall’acqua, sempre all’erta, per vedere se i pescecani le inseguivano.
Nel giorno del giudizio, le pecore versarono il loro latte in cima alla montagna, nella grotta dell’incenso, e crearono il formaggio.
In realtà, ciò che Serafino non sapeva era che i corvi sono più simili alle pecore che alle persone. O meglio, a certe persone, quelle che sono troppo occupate a dipingere le labbra delle statue dei morti nel deserto, in tempi di battaglia per acqua e terra. Questa incredulità si riduce a una mera questione di gusto. Non di un gusto qualsiasi, ovviamente, ma un gusto senza sapore, appreso dalle membra sottomesse dal potere abissale del Cosmo.
Chi crede nel formaggio sa che è laggiù, tra i corvi che dormono circospetti sulla lana delle sacre pecore, dove sorgono parabole e caseifici.

Titolo originale: A parábola do queijo
Traduzione di Franco Malanima

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