Dare sepoltura ai nostri morti vuol dire rispettarne la memoria

di Massimo Beccarelli

Recentemente, dopo una ricerca lunga e complessa, è stata ritrovata in Scozia la tomba di Francesco D’Inverno, uno dei tanti naufraghi dell’Arandora Star. Una storia, quella che state per leggere, di emigrazione sfortunata e a lungo dimenticata. Un vero e proprio crimine di guerra. Una storia senza lieto fine, una storia di tragici errori e di gravi responsabilità. Proprio per questo va raccontata e fatta conoscere.
Nel 1940 Francesco venne erroneamente considerato un fascista, e per questo fu costretto ad abbandonare l’Inghilterra, come tanti altri italiani residenti allora in Gran Bretagna. Partiti con il sogno di una vita migliore per sfuggire all’orrore e alla miseria della guerra, trovarono la morte. È la tragedia più grande che abbia coinvolto gli emigranti italiani. In quell’anno, Churchill ordinò che gli italiani iscritti al partito fascista fossero condotti in Canada e Australia, ma le liste compilate furono approssimative e tanti onesti cittadini, che nulla avevano a che fare con la politica, alcuni addirittura anti-fascisti, furono deportati solo per prevenire gli effetti deleteri della guerra sulla popolazione inglese, come ad esempio la carenza di cibo. Il destino aveva in serbo, però, per loro, una sorte ancora più crudele. L’Arandora Star, infatti, fu affondata per sbaglio nelle acque irlandesi dell’Atlantico, da un sommergibile tedesco il 2 luglio 1940, perchè scambiata per una nave di trasporto truppe. Essa trasportava invece, come detto, internati civili di origine italiana, austriaca e tedesca diretti in Canada. Un centinaio erano originari di Parma e provincia: di Bardi (anche di Grezzo di Bardi), Bedonia, Albareto, Tornolo, Borgo Val di Taro (di Valdena, frazione di Borgotaro), di Santa Maria del Taro, Tornolo, Pellegrino, Varsi. Il paese di Bardi ebbe il maggior numero di vittime: 48. Il numero esatto dei morti, tra i prigionieri, è sconosciuto. Ci sono troppe discordanze sui dati, sui numeri, ancora oggi. Il loro elenco non era neppure quello reale perchè tanti italiani, pur di partire con i loro familiari, si erano scambiati i documenti; mancava la lista d’imbarco o comunque, se anche fosse stata presente, probabilmente affondò con la nave. L’Arandora Star era una nave da crociera di lusso britannica della compagnia Blue Star Line; dal 1927 venne usata in viaggi di piacere, poi nel 1939 la Marina britannica l’aveva requisita per trasportare materiali e soldati; ridipinta di grigio, fu poi usata anche per trasportare internati considerati pericolosi prigionieri di guerra, ricorrendo al filo spinato per impedire l’accesso alle scialuppe e armandola con cannoni. La missione non era di natura bellica, ma procedeva a luci spente, era priva di segnaletica, non aveva né una Croce Rossa che la identificasse come una nave ospedaliera, né incrociatori di scorta. Il 1° luglio del 1940, l’Arandora Star salpò da Liverpool con circa 1678 persone a bordo, diretta in Canada, e trasportava 734 italiani, 478 tedeschi, oltre 374 inglesi. I prigionieri tedeschi di guerra erano solo 86, gli altri erano civili tra i 16 e i 75 anni. Si salvarono 850 naufraghi, ma circa 800 furono le vittime di cui, accertati, 446 italiani. Di questi ultimi, finora, ne sono stati identificati solo 22, i cui corpi hanno raggiunto la riva. Alcuni morirono nell’impatto con il siluro, altri annegarono cercando di salvarsi con le scialuppe di salvataggio, altri riposano nei cimiteri di Irlanda, nelle isole scozzesi e in Scozia.

È il caso di Francesco D’Inverno, 38 anni, originario di Villa Latina in provincia di Frosinone, capo cameriere in un hotel di Londra, che è stato ritrovato nei giorni scorsi. Il 20 agosto 1940 Francesco fu trovato, da un bambino di 9 anni, vicino a Gamesloup a Lendalfoot, sulla costa dell’Ayrshire meridionale. Dopo due giorni, l’individuo non identificato fu sepolto in una tomba anonima, senza targa, nel cimitero di Doune di Girvan. Francesco non era disperso in mare come si credeva all’epoca. Si è così risolto un mistero lungo 83 anni e finalmente si è dato un volto a quella tomba. Francesco non è più solo un numero su una lista. Questo è stato possibile grazie all’interessamento e all’impegno di Michael Donnelly e Raffaello Gonnella, entrambi membri dell’Italian Garden Improvement Group (IGIG), che gestisce l’Arandora Star Memorial Garden (giardino commemorativo con un grande mosaico della tragedia) nel chiostro della cattedrale romana di Sant’ Andrea a Glasgow.
Gonnella è guida turistica del Glasgow Italian Garden e dell’Arandora Star memorial in Clyde Street ed è anche uno storico; perse il nonno materno nella tragedia dell’Arandora Star e suo padre venne arrestato e internato come nemico straniero. Donnelly è anche un genealogista.

Questi hanno contattato una coppia locale, Ritchie e Lorna Conaghan, e hanno cercato Francesco al cimitero finché non l’hanno trovato. La famiglia è stata informata della scoperta e appena possibile andrà a visitare la sua tomba nell’Ayrshire. È stata realizzata una raccolta fondi: “Finding Francesco” per posizionare una lapide adeguata in onore alla sua memoria. Sono stati raccolti in poco tempo £. 3000. “Sarebbe rimasto sepolto lì e nessuno di noi lo avrebbe saputo”, dice Charlotte Tasselli-Arnold, di Southfleet, la pronipote di Ginevra Tasselli che sposò Francesco dopo la morte del suo primo marito.  Finalmente questa tomba ha un nome, quello di Francesco d’Inverno. Questo rinvenimento riapre una ferita mai rimarginata della seconda guerra mondiale, ma aggiunge un tassello a questa storia di dolore e vergogna. Questa è forse l’ultima occasione per dare il giusto riconoscimento a uno dei naufraghi dell’Arandora Star. Dare una giusta sepoltura ha un significato simbolico, per tutte quelle famiglie che hanno perso parenti nella tragedia, soprattutto in Scozia.  Caterina Soffici, giornalista, nel suo romanzo Nessuno Può fermarmi (Feltrinelli, 2017) rende bene l’idea della sofferenza di quelle vite spezzate:

Guardai l’ora: erano le 7.40. Eravamo rimasti noi e l’oceano. Il transatlantico era sparito in un ribollire di schiuma. La superficie dell’acqua era ricoperta da chiazze oleose di nafta. Le fiamme guizzavano in uno scenario surreale e luciferino. Tutto intorno erano naufraghi, detriti, rottami. E cadaveri. Centinaia di teste, affioravano a pelo d’acqua. Dal mare arrivavano vaghe voci. Grida verso il cielo, anonime e indistinte […] Ma nessuno poteva aiutarci. Ognuno lottava per salvarsi da solo.

È un romanzo sull’amore e l’amicizia, ma principalmente sull’emigrazione italiana ambientata nel quartiere Little Italy di Londra e sul passato che ritorna. Sull’argomento bisogna assolutamente leggere anche i libri di Maria Serena Balestracci, autrice di Arandora Star una tragedia dimenticata e Arandora Star, dall’oblio alla memoria e Maura Maffei, autrice di due romanzi storici Quel che abisso tace e Quel che onda divide che, con dedizione e passione, studiano da anni questa tragedia.

A Bardi (PR), il 2 luglio di ogni anno, i caduti dell’Arandora Star vengono ricordati, nella cappella eretta nel 1969 e voluta fermamente da Beppe Conti, presidente del Comitato per le vittime dell’Arandora Star. Il quale ha avuto personalmente una perdita su quella nave: si tratta di suo zio, Guido Conti.
L’Arandora Star sarà presto un film documentario finanziato dalla regione Emilia-Romagna. Beppe Conti ha ricevuto proprio a Bardi i registi Giuseppina Santoro e Danilo Caracciolo. Le riprese si svolgeranno tra l’Italia, la Gran Bretagna, a Londra in particolare nel quartiere di Little Italy, e a Liverpool; per andare poi in Scozia, dove a Glasgow esiste un “Arandora Star Memorial Garden” curato anche dalla comunità italo-scozzese, e nelle isole scozzesi, a Colonsay.

In Italia, si è iniziato a parlare di questa storia già all’epoca del Presidente Carlo Azeglio Ciampi; nell’80esimo anniversario dell’affondamento è stata ricordata anche dall’attuale Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Il 2 luglio del 2023 si è celebrata la prima giornata degli emiliano-romagnoli nel mondo, voluta dalla Regione Emilia-Romagna. L’uomo, Sandy Ferguson, che ha ritrovato Francesco D’Inverno e che all’epoca aveva solo 9 anni, è morto in questi giorni. Per tutta la sua vita aveva cercato informazioni su Francesco senza riuscirci. Ha fatto in tempo però a sapere di questa bellissima notizia e poi, casi del destino, poco dopo si è spento serenamente.

Un pensiero riguardo “Dare sepoltura ai nostri morti vuol dire rispettarne la memoria

  1. È un meraviglioso racconto! Ho visto Comandante i giorni scorsi! Tante le similitudini! Quanti Salvatore Todaro avrebbero dovuto esserci! Ma la guerra è guerra! Spietata, inumana, inutile!! Grazie per per questo pezzo di storia restituito alla maiora collettiva ♥️🙏

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