La ribellione silenziosa di Sarah Kirsch

Da giorni Ingrid osservava le foto di Sarah. Non si era sentita bene di recente e aveva avvertito, come mai prima, il bisogno di tornare al suo passato. E a quello della voce che aveva creato per comprendere il tempo in cui le era toccato vivere. Rivedeva la canonica di Limlingerode in Turingia e respirava a fondo il ricordo dei profumi della campagna carica di quiete che circondava il luogo in cui era nata. Il suo amore per il silenzio Ingrid lo aveva ereditato dalla natura sulla quale aveva aperto gli occhi la prima volta e aveva reagito tranquilla al battesimo impartitole dal nonno nella chiesa lì a fianco. Il posto in cui si viene al mondo trasmette il proprio carattere ancor più delle persone che ti stanno intorno fin dal principio, di questo Ingrid si era convinta con maggior forza a mano a mano che il tempo passava. E quel carattere diventa il tuo inesorabile destino. Ingrid era cresciuta parlando raramente a sproposito. Prediligeva l’osservazione e riteneva che le parole fossero troppo preziose per essere sprecate alimentando un inutile brusio di fondo. I primi destinatari della sua attenzione curiosa furono i paesaggi. Ogni albero, ogni ramo, ogni foglia veniva sottoposta ai suoi pressanti interrogativi. Il mutare delle stagioni, la ricchezza cangiante dei colori, la presenza discreta ma fiera delle specie animali, tutto contribuiva alla meraviglia fanciullesca di Ingrid. Mentre cominciavano a sgorgare spontanei i primi versi, decise di trascorrere le pause scolastiche aiutando le guardie forestali a custodire quel dono immenso e fragile che era la natura di cui Ingrid non riusciva più a fare a meno. Si era chiesta più volte se questo trasporto fosse soltanto la conseguenza di essere stata concepita in un villaggio di pochissime anime nel mezzo di un paesaggio del tutto incontaminato e crescendo ben si rendeva conto che la risposta a quella domanda era di gran lunga più complessa. Aveva dieci anni Ingrid quando una guerra brutale scatenata dal suo paese in nome di una ideologia nefasta si era conclusa. Non erano precisi i ricordi che Ingrid aveva di quegli anni. Certo, il rumore sordo degli aerei che sorvolavano le terre in cui viveva, specie nell’ultimo frangente del conflitto, lo ricordava bene. Come pure il terrore che serpeggiava tra gli adulti per via dei bombardamenti e del passaggio dei soldati, anche di quelli che parlavano la loro stessa lingua. Questa vaga memoria, ora che era entrata nell’ultima fase della sua vita, Ingrid la metteva in relazione al suo distacco giovanile dal resto del mondo abitato dagli esseri umani. Adesso, le era ben chiaro che quel suo legame indissolubile con la natura era il frutto dell’orrore che aveva percepito da bambina, guardando dritto negli occhi dei membri della sua famiglia. Occhi colmi di lacrime che l’avevano sospinta senza che lei se ne accorgesse verso un universo naturale dominato da una quiete all’apparenza infrangibile. Avrebbe fatto la biologa, si era detta una giovanissima Ingrid al termine degli studi superiori. Avrebbe compreso il funzionamento della bellezza naturale che aveva abbracciato e avrebbe trovato i rimedi per preservarla dalla crudeltà che troppo spesso sembrava trovar spazio nella cultura espressa dalle persone. La poesia sarebbe rimasta un fatto privato. Ciò Ingrid si era imposta allora. E per lungo tempo, come un affare intimo avrebbe trattato i versi che scriveva per sé soltanto.  Si trasferì in Sassonia per frequentare l’università e fu per caso se tra una lezione e un convegno il corso delle sue decisioni mutò radicalmente. Scriveva già poesie Rainer quando Ingrid lo incontrò la prima volta. Lei fu colpita dall’intensità dei suoi versi e dalla passione per la libertà che lo portava a denunciare ogni stortura nella quale si imbatteva. Soltanto di un anno più grande rispetto a lei, Rainer era ossessionato dalla memoria collettiva che già i suoi concittadini sembravano aver smarrito, anche in quella parte della Germania asservita al controllo sovietico. Rainer pretendeva che non si dimenticassero i crimini dei quali si erano macchiati i padri e i nonni, perché l’oblio avrebbe inevitabilmente condannato i figli e i nipoti a ripetere quegli orrori. E ascoltando Rainer, Ingrid lasciò per un istante il suo mondo naturale fatto di pace minacciata solo dagli uomini e rivolse la sua attenzione al passato di sangue che aveva sfregiato per sempre la bellezza della terra che aveva dato i natali a Goethe. Il dolore di Ingrid sgorgò allora come un grido acuto destinato a rubare per sempre il sonno anche agli indifferenti più ostinati. Si laureò in biologia. Sposò Rainer. Abbandonò definitivamente il suo nome tedesco assumendone uno che ricordasse a se stessa e agli altri la colpa imperdonabile di cui i tedeschi si erano macchiati nei confronti degli ebrei. E da quel momento Ingrid diventò Sarah.

Non si trattava di un semplice cambio di nome. Era un nuovo battesimo, solo che questa volta non glielo aveva impartito suo nonno Paul. Sarebbe stata una persona diversa e più completa da ora in avanti, con una visione più ampia che avrebbe concepito la natura insieme a tutti gli esseri viventi. Gli studi che aveva concluso le sarebbero stati utili, di sicuro. Ma sarebbe stata la poesia la sua strada, l’unica forma espressiva in grado di coniugare la propria vita intima e le immagini dei paesaggi della sua infanzia che andavano preservati, il dolore tremendo arrecato dalla guerra e dalla ideologia nazista a milioni di innocenti e la necessità inderogabile di ricordare sempre per non innescare una nuova e questa volta inarrestabile catastrofe della civiltà umana. La prima raccolta la scrissero a quattro mani, Sarah e Rainer. Poi, a seguire ne uscirono numerose altre in cui dalla quotidianità più umile derivava una contemplazione vibrante della condizione umana deturpata immersa in una natura sempre più a rischio. E la voce appena sussurrata di Sarah cominciò a risuonare anche fuori dagli angusti confini della allora Germania Est. Alcune delle sue raccolte comparvero nelle librerie al di là del Muro, la sua completa estraneità alle scuole poetiche di regime la resero persona pericolosa e come tale da tenere sotto stretta sorveglianza. L’amore con Rainer finì dopo otto anni, l’amicizia che ne aveva preso il posto sarebbe rimasta inalterata fino al termine delle loro vite. Era inquieta, Sarah. Sentiva il bisogno di fare di più per la libertà del suo paese. Cominciò a esprimere critiche nei confronti del regime comunista durante le riunioni della associazione in cui gli intellettuali si riunivano per discutere al di là della cortina di ferro. Molti la pensavano come Sarah, pochi avevano il coraggio di dirlo a voce alta. Da una breve relazione con uno di quegli scrittori, Sarah ebbe il suo unico figlio. A quel bambino lei rivolgeva tutte le sue cure. Era una madre sola in un paese autoritario. Era una donna che aveva manifestato con chiarezza il suo pensiero critico nei riguardi del regime che a dispetto della retorica ufficiale trattava i suoi cittadini come sudditi. E quando a Wolf, il poeta e cantautore satirico più celebre e ascoltato nell’intera Germania divisa, venne impedito di rientrare nella Germania Est dopo una lunga tournée che aveva toccato le principali città della Germania Ovest, lei manifestò senza alcuna remora il proprio sdegno e la propria totale vicinanza all’amico cacciato dalla sua terra. Questo attacco non le fu perdonato, malgrado le proteste fu espulsa da ogni gruppo ufficiale di scrittori e artisti. Con i suoi libri banditi dalle librerie, impossibilitata a mantenere se stessa e il proprio figlio, le venne imposta l’identica sorte toccata a Wolf: l’esilio.

In fondo, era sollevata Sarah per quella partenza obbligata. Pensava a suo figlio e al futuro diverso che avrebbe potuto avere in un paese libero. Tuttavia, rimanevano molte ombre anche laddove tutti potevano esprimere appieno la propria libertà. Il consumismo esasperato, l’individualismo che sembrava attecchire cinico e senza riguardo ovunque, la natura da lei tanto amata che veniva calpestata sempre più spesso in nome di un benessere al quale appariva come eresia imporre dei limiti per un maggior bene comune. E poi quelle agghiaccianti connivenze con il passato nazista che macchiavano la storia politica dei molti regolarmente eletti nella Germania Ovest, di cui nessuno si scandalizzava, segno che la memoria aveva subìto gravi colpi anche in quello che chiamavano mondo libero. Ma come era stata impiegata quella libertà? Sarah cominciava a dubitare del valore di quel sistema politico così come era stato ridotto dai suoi stessi fautori. Sperava che suo figlio si sarebbe opposto alle storture a venire di cui già lei aveva intravisto le radici avvelenate poco dopo aver incominciato il loro esilio a Berlino Ovest. E così lo nutriva indirizzandogli pensieri in versi. Suo figlio, che era il seme della speranza di Sarah. Ingrid, che negli ultimi anni era riapparsa facendo ritorno a quella natura che l’aveva vista nascere. Ingrid e Sarah, inseparabili fino al termine dei loro giorni.

Alex Marcolla

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