Poesia per Matilda

Perdonami se non sarò un buon padre, se fallirò come un fallito fallisce.
Cresce, mentre tu cresci, la mia paura.

Pura la guancia nella guancia, puro il mio naso che ti respira
pura la lira dei puttini che ti suonano la mia canzone
le buone mani che ti accolsero, inerme, mentre nascevi.

I veri padri non piangono disperate canzoni d’amore.
Quel signore in gilet che lavora in banca, ha l’aria stanca
mentre lavora. Ma io non lavoro, io resto sveglio, tutto qui
così si dice di noialtri, guardiani, mani di mani, penna di penna.

E tu sei nata, senza sapere che io fallirò, perché non ho un gilet
perché la lira è morta e io non lo sapevo, stavo qui e scrivevo
scrivevo di te, mentre dormivi senza coperte, di queste labbra tue
uguali alle sue, rosa e morbide per baciare padri migliori di me.

Le tue mani strette nei pugni delle ribelli, i tuoi capelli io amo
lontano, ti sogno e ti dipingo, sei colore, sei tela, sei pennello
sei tutto il bello che mi è successo.

Perdonami se non ho la faccia di plastica profumata
se la mia data di scadenza è cucita sotto il cappello
se soffrirai quando ti chiederanno: che lavoro fa tuo padre?
se cade dalla bocca la mia condanna su di te, che non hai colpe
se le toppe che porto alla giacca ti escluderanno dalle feste
queste parole pesanti, i guanti di velluto che avrai perduto
il muto sorriso di tua madre, stanca di aspettare, arresa di me.

Non saprò darti nulla di vero, solo montagne di carta straccia.
Caccia dal letto chi mi somiglia, tutti quelli della mia specie
ma quando incontri uno di loro, chiedigli ancora di raccontare
le care notti senza famiglia, la luce debole del vicino
il puntino, quaggiù, che odierai
la mia carezza, finché vorrai.

Franco Malanima

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